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LA RAGAZZA CHE NON SI LAMENTA. MAI
Terza e penultima puntata dell’inchiesta sui poveri. La prossima sarà ambientata a Roma. Il pezzo inizia così:
Napoli. «Se, col pesce, qualcuno chiede un buon Biancolella io ora posso specificare: “Un Casa d’Ambra di Ischia?”. Così loro mi guardano stupiti e chiedono: “E tu come le sai queste cose?”. Non si capacitano che una come me, con l’accento spagnolo e la faccia india, possa intendersi di vini. Ma da lì in poi si fidano su tutto, fino all’ammazzacaffè, magari Rum Zacapa da 16 euro al bicchiere che ha margini alti e un bel bonus per me».
Claudia Yamileth Mejia Segura, cognome che è un destino, non è tipa da “accettare un no come risposta”, come dicono gli yankee. Liquida le lagne di certi suoi coetanei locali, con reddito di cittadinanza e talvolta ancora a casa da mammà, come «stronzate». D’accordo, la povertà cresce anche per gli italiani ma sulla sua definizione avrebbe da ridire dal momento che in El Salvador, dov’è nata trentaquattro anni fa, a lungo si è fatta la doccia con un secchio d’acqua fredda che poi riutilizzava per gli scarichi del bagno. È una donna tosta, con una testa veloce e una camminata ancora più lesta. L’unico difetto ai nostri fini, fino a tre quarti di una giornata passata a chiacchierare, è che non sembra abbastanza povera per qualificarsi nella nostra inchiesta. Almeno non più, essendo passata – nei tre anni e rotti da quando è arrivata qui – da 500 euro al mese a oltre tre volte tanto. Che, con due figli e un padre che si aspetta di essere mantenuto, vanno via in un attimo ma sono più di quanto prende un’insegnante con vent’anni d’anzianità.Poi, però, mi fa vedere casa. Quartiere San Lorenzo, alle spalle della stazione, una palazzina senza intonaco in un vicolo «che la notte fa paura», ammette dopo lo scippo di ben due cellulari. C’è un cancellino verde di ferro con un vetro rotto da cui salire quattro piani di scale ripide e strette. Per poi entrare, annunciati da una stenderia di panni e da una catasta di elettrodomestici che suo padre trova per strada, riaggiusta e rivende, nei loro trenta metri quadrati. Nel salotto spadroneggia un divano letto dove lui, che fa le notti fuori come badante, si riposa dalle sette in poi quando S., sua nipote, ha sgombrato il giaciglio e si prepara per andare a scuola. Nell’altra stanza, che ha un lettino a castello più una brandina singola, dorme invece Claudia con il figlio M. Il cucinino, nell’angusto corridoio tra i due locali, guarda il bagno. Con l’aumento recente forse potreste trovare qualcosa di più comodo, mi viene da dire, subito pentendomi di averlo fatto. Lei non si scompone: «Potremmo, ma senza documenti nessuno si fida, se non per affittarti posti come questo. Quando mi daranno l’asilo, e la carta d’identità, cambierà tutto. Nel frattempo stiamo bene così».
Claudia non è più povera, siamo noi a costringerla in una vita di almeno un paio di taglie inferiori alla sua. {continua sul Venerdì}
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L’ultima Galapagos:
Primavera, tempo di cambiare. Da quando l'ho comprato non ho mai amato il mio divano a L. Così, dopo decennale riflessione, l'ho finalmente cambiato. A quel punto ho pensato di rinnovare tutto il salotto. A partire da due voluminose poltrone di velluto color tortora che avrebbero fatto la loro porca figura al Chateau Marmont di Los Angeles o in sale comunque più ampie e sontuose delle mie. Faccio quindi un po' di foto e le metto su Subito.it. Passano i giorni, qualche like, una domanda esplorativa di tale Silvana che poi sparisce. Allora chiamo il negozio più vicino a casa del franchising il Mercatino cui inoltro le foto via Whatsapp. Con tempi rilassati l'anonimo interlocutore risponde che prima deve fare un sopralluogo che concordiamo di lì a un paio di giorni. Il tipo, un ragazzone sveglio con piumino mimetico, arriva in lieve anticipo e si presenta come Luigi. Il fatto che nel frattempo abbia regalato il divano non lo turba. Quanto alle poltrone, dal momento che il Mercatino si tiene il 50 per cento di ogni merce sotto i 500 euro e quelle le valuterebbe 200, dice che non vale la pena. Però entrando nota le quattro sedie anni 50 intorno al tavolo e ha come un'illuminazione: «Belle, le ho già viste…». A quel punto tira fuori il telefonino, apre Lens, la funzione di ricerca Google a partire dalle immagini e me le mostra, tali e quali. Le ha disegnate negli anni 50 il danese Arne Hovmand-Olsen, sono esaurite su Pomono ma in vendita a 1200 euro l'una sulla piattaforma Etsy. Io le avevo pagate 20 ciascuna. Da un venditore lucchese all'epoca in cui Lens non esisteva ancora. E questa è la prima lezione. La seconda è che, salutato Luigi, ho messo le poltrone su Marketplace di Facebook e le ho vendute a 150 euro in dieci minuti.
Epilogo
Siamo a 31.341 morti a Gaza, tra cui 12.300 bambini e 8.400 donne. Niente cessate il fuoco per Ramadan. E l’offensiva su Rafah, ha reiterato Netanyahu, ci sarà. L’unica buona notizia è che le due figlie di Sami al-Ajrami, il nostro corrispondente dalla Striscia, pagando sono riuscite a passare il confine in Egitto.