#76 Quanto può aver sbagliato il Pd se...
Da Sant'Anna di Stazzema a Lucca, da Piombino a Ferrara, passando da Pisa. Viaggio nell'Italia che ha voltato le spalle al centrosinistra. Forse perché voleva la sinistra? È un'ipotesi.
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A SANT’ANNA FDI PRIMO PARTITO
A Sant’Anna di Stazzema, luogo simbolo degli eccidi nazifascisti, Fratelli d’Italia, che porta orgogliosamente nel simbolo la fiamma di Almirante, è diventato il primo partito, più che doppiando il Pd. Sono andato a cercare di capire quali e quanti errori devono essere stati commessi per aver provocato uno scollamento del genere. Un estratto (dal Venerdì scorso):
È una storia lastricata di paradossi, questa. Miracolo a Sant’Anna, da titolo del film di Spike Lee che raccontava l’amicizia tra un soldato americano e un bambino scampato, è diventato quello della dissoluzione degli ultimi brandelli ideologici del Novecento. Altrove il fascismo, col tempo, da vivido fatto storico si è stinto al punto da finire nel cimitero delle cattive idee. Non qui. Questo è un luogo sinonimo di eccidio. Aveva cominciato il presidente Pertini a venire in pellegrinaggio. Poi Ciampi ha istituito il Parco della Pace. Napolitano ci aveva trascinato Gauck, il capo di stato tedesco. Il tempo, qui, si era fermato al 12 agosto 1944. Poi, dal 25 settembre, è ripartito come se niente fosse stato. Le uniche stragi che importano oggi sono quelle di castagne schiacciate dalle rare auto sulla provinciale stretta che si inerpica sin qui, su un cucuzzolo dove i cellulari si ammutoliscono. Stazzema ha 17 frazioni, molto sparpagliate, di cui Sant’Anna vanta ben 21 residenti. Tre, la famiglia Gallo, gestiscono il bar di fronte alla chiesa che fa ottimi panini col prosciutto ma anche coi formaggi Busti, il caseificio pisano amato da Salvini. Serena, alla cassa, dà i dati definitivi: alla Camera, nella circoscrizione S. Anna La Culla, su 46 voti validi 17 erano per la FdI, 2 per Italexit, 3 Lega, 4 Fi, 7 Pd e 1 Verdi. Loro, figlia e mamma, forse per non alienare neppure uno degli sparuti avventori, si sarebbero astenute. Nell’attesa del sindaco osservo qualche scenetta di vita locale. C’è un tipo che racconta il suo volontariato ai tempi dell’alluvione del ‘96, con tanto di giorno e mese, come se fosse successa ieri. Un altro che ricorda con nostalgia il nonno di Serena. È un borgo fondato sulla memoria, tranne per la nebbia che offusca i legami ideali tra Meloni e Ventennio.
A LUCCA LA DESTRA VINCE GRAZIE A CASAPOUND
D’altronde nella non lontana Lucca, una delle poche città bianche della Toscana, il disaccoppiamento era già avvenuto quando l’attuale giunta di centrodestra aveva vinto con il decisivo contributo di Casapound che si era limitata a un maquillage terminologico. Un estratto (l’articolo qui):
Uno che in molti indicano come l'artefice di questa fusione a freddo tra centrodestra e destra radicale è Umberto Sereni, ex sindaco della vicina Barga, ex professore di storia all'università e una vita a sinistra. Da Taddeucci, pasticceria sinonimo del più celebre dolce locale, parla di «risultato maturo, atteso, sperato» e del suo ruolo nel togliere da Barsanti lo stigma dell'«uomo nero». A partire dal rebranding della lista. Sì, ma perché? «In dieci anni la sinistra locale non mi ha mai nemmeno contattato. Barsanti invece ha subito manifestato attenzione. Così, in un bar vicino alla sede di Casapound, per anni ho tenuto lezioni di storia aperte ai giovani simpatizzanti del movimento. Assetati di sapere, ho rivisto in loro lo spirito del 68». Ma il fatto che non rinneghino il fascismo? «Non vedo atti di fascismo in città». E che da consigliere Barsanti sia stato l'unico astenuto nella proposta di cittadinanza a Liliana Segre? «Un'uscita infelice, un errore imperdonabile». Evidentemente perdonato dal momento che di lui dà «un giudizio largamente positivo, lo considero un amico». Il tutto continuando a concepirsi di sinistra. Mistero.
Non meno fitto di quello che circonda Alberto Veronesi, direttore d'orchestra e figlio del chirurgo Umberto, che fino all'anno scorso aveva la tessera del Pd e, vellicando l'idea di una discesa in campo, si faceva riprendere mentre contestava Salvini per essere troppo di destra. Al primo turno, appoggiato da Italia viva e Azione, aveva preso quasi il 4 per cento ma poi è stato duramente sconfessato da Calenda per la svolta pro-Pardini (e Barsanti, «la peggiore destra»). «Tecnicamente Difendere Lucca è una lista civica. Senza alcun richiamo a Casapound o al fascismo. E sinceramente camicie nere in città non ne ho viste» mi dice quando si manifesta, con un ritardo record di 75 minuti, alla caffetteria Turandot, davanti al suo ex comitato elettorale. E Barsanti, che su Instagram posta foto affettuose di e con il Maestro? «Mi ha fatto un'impressione ottima. È apertissimo al dialogo (evidentemente sono stato sfortunato), conosce la città come pochi e sa tutto di sport, di cui è assessore». Quello dello sport in città non è un terreno neutro, ma il campo da gioco della destra radicale. A partire dai Bulldog, violentissimi ultras della Lucchese, responsabili di almeno un decennio di sangue a danno di avversari sportivi ma soprattutto politici, salvati da una settantina di anni di carcere da una provvidenziale prescrizione e il cui capo, il temutissimo Andrea Palmeri, cui poteva bastare un'occhiata storta per spaccare teste e mandibole, è oggi foreign fighter nel Donbass con tanto di mandato di arresto europeo.
A PIOMBINO EX DI SINISTRA VOTANO IL SINDACO MELONIANO
Ero andato a capire perché non volevano il rigassificatore e ho trovato un fronte bipartisan, con il Pd locale molto più “pieghevole” della giunta Fdi, il cui sindaco era stato votato anche da tanti di sinistra. Un estratto (l’articolo qui):
Dopo quasi settant’anni di monocolore rosso Francesco Ferrari, prestante ex avvocato penalista di destra-destra che però non ha tolto dall’anticamera del suo ufficio l’enorme manifesto «Piombino: 10 settembre 1943. Nasce la Resistenza», ha vinto anche col voto di una delle animatrici di sinistra-sinistra di un comitato che incontreremo più tardi («Per l’arroganza del Pd», identico refrain da Ferrara a Lucca, su cui il Nazareno dovrebbe interrogarsi giorno e notte). Sulla cornice nazionale Ferrari dice: si poteva accelerare sulle rinnovabili; aumentare l’estrazione di gas dall’Adriatico; trovare fornitori diversi da Mosca è «cambiare padrone rimanendo schiavi». Riguardo Piombino obietta sulla sicurezza: «Vogliono mettere una Fsru, un rigassificatore galleggiante lungo 300 metri, in un porto piccolo, trafficatissimo di traghetti, praticamente dentro la città. Nella vicina Livorno ce n’è uno ma a 22 chilometri dalla costa, un puntino nel mare, con tre zone di interdizione che se fossero applicate da noi renderebbero inagibile tutto». Esagerano là o sottovalutano qui? (Elio Ruggeri, l’amministratore di Snam Fsru Italia, dice che «dei 160 terminali nel mondo 125 sono dentro i porti, la tecnologia del Tundra consente zone di sicurezza minori rispetto a quello livornese e lì il rischio di collisione con le navi è più alto»).
Poi c’è il tema ambientale, che incrocia quello economico. Il gas naturale liquefatto (gnl) viene trasportato in metaniere a -160 gradi. Per riportarlo allo stato gassoso va riscaldato usando l’acqua marina, “a ciclo aperto”, trattata con l’ipoclorito di sodio. Dice il sindaco: «Parliamo di tonnellate di cloro al mese e dell’immissione in mare di acqua fredda di cui ignoriamo gli effetti sui campi di itticoltura, spigole, branzini ma anche cozze e ostriche, che sono una delle strade per la nostra riconversione industriale». Per non dire di una serie di attività per la cantieristica che l’arrivo del Leviatano potrebbe scoraggiare. E infine il turismo che, siano reali o percepiti i rischi, non se ne gioverà.
A FERRARA: “I LEGHISTI ASCOLTANO DI PIÙ”
Qualche anno fa invece avevo fatto un salto a Ferrara per cercare di capire perché, da tempo, la città aveva voltato le spalle alla sinistra. Un estratto (l’articolo qui):
Bondeno (Ferrara). Per chi è disposto a mettere in discussione le proprie tradizionali tassonomie politiche, non c’è niente di meglio che una vacanza-studio a Bondeno, mezz’ora a nordovest di Ferrara. Dove il terremoto politico, non sufficientemente registrato dai sismografi nazionali, ha preceduto di molto quello fisico e tremendo del 2012. Sono vent’anni che qui governa la destra, prima ex-missina poi leghista. Etichette precise che però, a queste latitudini, appiccicano peggio di certi post-it cinesi. Sarà l’umidità del vicino, immenso Po ma si staccano di continuo e quando provi a rimetterle a posto i contorni non corrispondono mai a quelli che avevi in testa. Con l’ex sindaco della destra sociale che tifa per lo ius soli. Quello attuale salviniano laureato sul Corano. L’ex candidato pd che non riesce «a parlar male dell’amico Alan Fabbri», star del Carroccio emiliano che in controtendenza rispetto al Capitano offre la cittadinanza onoraria a Liliana Segre. Salvo tenersi un vicesindaco con alcune condanne penali e un’ammonizione per stalking che va in giro con magliette “+Rum -Rom” e un portavoce che su Facebook gioca a fare il führer del suo dobermann di nome Rommel. Matte risate!
Primo comune emiliano (sopra i 15 mila abitanti) a passare ad An nel ‘99. E primo a transitare alla Lega nel 2009. Così quando dici che sei venuto per capire se alle elezioni di gennaio un’altra regione rossa, dopo l’Umbria, potrebbe essere tentata dalla svolta ti guardano come se parlassi di roba vecchia. «Con l’eccezione di Vigarano Mainarda» mi spiega Mirco Peccenini, valoroso cronista bondenese della Nuova Ferrara, «gli altri quattro comuni dell’alto ferrarese sono ormai governati dalla destra. Mentre a metà anni ‘90 qui la sinistra aveva almeno il 70 per cento». Come è stato possibile? Lo strappo, raccontano in molti, si consumò sull’ospedale. Prima declassato, nel riordino di una legge del ‘92, e poi centralizzato a Cona, a quaranta minuti di distanza. Esiziale in caso di ictus. Così come lo fu per l’allora titolare del municipio, il professore di greco e latino Ettore Campi. Se la ricorda bene la vicenda Dante Boicelli, titolare dell’azienda plastica DB Plast: «Dire che non difesero l’ospedale è poco». Probabilmente qualsiasi resistenza sarebbe stata futile, ma forse un po’ di sceneggiata avrebbe giovato alla sinistra locale. Tant’è. «Questi ascoltano di più» riassume Boicelli parlando delle ultime giunte, e la moglie cita a riprova del ritrovato pragmatismo una nuova piscina coperta e il fatto che la sorella ha dovuto cambiar casa per colpa di chiassosi vicini stranieri. Per non dire della plastic tax che li metterebbe in ginocchio (osteggiata in verità da entrambi i candidati governatori, Stefano Bonaccini per il Pd e Lucia Borgonzoni per la Lega) . «Ascoltano di più» lo ripete anche Stefano Cerutti, di un’azienda che produce uova e riso bio, e che ricorda ancora alla virgola i 2.300 euro di contributo che l’allora sindaco di Bondeno (e oggi di Ferrara) Fabbri gli dette anni fa per comprarsi i gazebo.
ANCHE PISA HA ALZATO BANDIERA BIANCA
Prima delle scorse elezioni ero andato a Pisa per capire perché la sinistra rischiava grosso (e poi ha perso). C’entrava la sirena securitaria, la disaffezione per le scarpe di Dalema e molto altro ancora. Il pezzo iniziava così:
PISA. Dei dieci candidati sindaco manca solo quello del Partito comunista, «impegnato altrove» sibilano dal palco. Convocati al Palazzo dei congressi a un mese dal voto rispondono, in un dopocena affollatissimo, alle preoccupazioni dei commercianti. Le domande le legge Federico Pieragnoli, direttore provinciale di Confcommercio, che solo otto anni la polizia municipale aveva fatto desistere dal tentativo di entrare in Comune, al grido di «vergogna, vergogna!», con una una bara in spalla che raffigurava la morte del commercio cittadino. Il tema dei temi è «sicurezza». Ogni aspirante primo cittadino ha due minuti e mezzo per spiegare la sua ricetta. Alle loro spalle vengono proiettati i numeri di un'apparente catastrofe con Pisa settima per furti («36 al giorno, peggio di Napoli, in rapporto alla popolazione» rimarca il presentatore), sesta per rapine a esercizi commerciali. Ciccio Auletta di Pisa in Comune, una delle sette liste a sinistra del Pd, affronta lancia in resta la pensée unique: «In verità, per la Questura, i reati sono in diminu...». Le ultime due sillabe vengono seppellite dai fischi di una platea esasperata. Per Andrea Conti, ex missino e tra i favoriti, è l'assist ideale per mettere in caricatura una sinistra che dipinge marziana: «Altro che percezione, la situazione è invivibile e intollerabile. E quando sarò sindaco, grazie ai tre parlamentari leghisti che abbiamo mandato a Roma, ci faremo sentire». Pisa come il Bronx: ecco uno che ci capisce, esulta la sala. Un tipo con una tuta rossa e un borsello anni '80 si spella le mani a forza di applaudire. Arriva il turno di Andrea Serfogli, assessore al bilancio nella giunta attuale e candidato del Pd nel nome di una contrastata continuità. Si smarca come può: «No, non è percezione, sono problemi che affliggono pesantemente la città. Servono azioni concrete. Come il turno notturno dei vigili. Ma rivendico che negli ultimi cinque anni abbiamo portato le telecamere da 5 a 100». Un discreto aumento, no? Ma la frase non viene neppure registrata dall'uditorio malmostoso («E chi comandava? Voi!»). Serfogli è l'unico senza claque. L'invito a presentarsi era circolato nella chat dei 34 consiglieri della sua lista, ma misteriosamente se ne sono presentati solo 4-5. Se l'applausometro della serata avesse qualche valore previsionale il Pd perderebbe 9 a 1. Ma anche usando come auruspici i risultati delle politiche c'è poco da stare tranquilli. Dopo la grillinizzazione di Livorno, dove il Pci vide la luce nel '21, stavolta la Toscana rossa rischia di sbiadire anche qui, come forse a Siena e a Massa?
Epilogo
Ce n’è più che abbastanza per una seduta no stop di autocoscienza piddina che duri fino a una completa rigenerazione. E invece, da quel che si capisce dal primo risibile abbozzo di autocritica post-disfatta elettorale, per il partito di Letta una discontinuità potrebbe essere… Bonaccini! Il gattopardo è duro a morire. Ma se non muore lui, sparisce il Pd.