#46 Nft: futuro dell'arte o presente della finanza?
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Prologo
In quei fugaci passaggi tra un Netflix e un Prime spunta la televisione. L’altra sera, per dire, da DiMartedì Floris aveva invitato il premio Nobel Giorgio Parisi, giustamente a suo agio con quei tempi concitati come un pesce nella padella della frittura. Non aveva ancora finito di parlare che la linea va a Andrea Zhok, professore di filosofia diventato paladino colto della causa No Vax (magari No Pass, per semplificare: ci siamo capiti). Con Floris che continuava adire che ogni opinione ha legittimità, etc etc. Intanto su Rai 3 Bianca Berlinguer aveva organizzato un bel match tra Alberto Contri, che fu un importante esperto di comunicazione e Andrea Scanzi, a quanto pare il giornalista italiano più influente sui social. È finita, come da copione, ai materassi, con la conduttrice che gridava che non poteva tollerare uno spettacolo del genere. Ma quello spettacolo è esattamente quello che aveva orchestrato lei o i suoi autori. E infatti il suo share, grazie al wrestling nel fango, è andato decisamente meglio del solito. Vale per tutti. I No Vax, a vario titolo, sono meno del 10% della popolazione ma in tv sembrano il 50. L’unico motivo per cui li invitano è per fare gazzarra. "Un altro secolo di giornali e le parole finiranno per appestare" scriveva Nietzsche. Un altro anno di talk show e la tv generalista sarà finita.
I GUGGENHEIM DEL NUOVO MONDO
Gli Nft, non fungible token, sono una cosa che sfida la comprensione umana sotto molti aspetti. Intanto conferiscono una proprietà non esclusiva (tu compri quell’opera che però resta a disposizione di tutti, sulla rete). E poi perché le opere medesime, quotate ormai a prezzi stellari, spesso si fatica a definire arte, qualsiasi cosa ciò possa voler dire. Mi avevano affascinato dall’inizio (vedi boxino qui sotto) ma poi, quando hanno finalmente riaperto le frontiere, sono andato a New York per capirne di più. Ne abbiamo fatto una copertina del Venerdì.
Il pezzo inizia così:
NEW YORK. Questa è, prima di tutto, una storia di soldi. Di come si produrrà valore in un futuro che è già tra noi. Poi c'è l'arte, la tecnologia, il diritto, l'utopia, ma vengono dopo. A cominciare dal luogo scelto per l'appuntamento da Colborn Bell, co-fondatore del Museum of Crypto Art, il primo del suo genere. Siamo nel caffè dell'hotel Baccarat la cui stanza media, segnala Google Maps, va sui 1112 dollari a notte. Sospetto che anche il suo cappottino rosa, a pelo lungo, sia un pezzo di pregio mentre riconosco al polso il braccialetto Love di Cartier in vendita sui 7000 dollari. Ma questo è niente rispetto alla celeberrima quotazione di un mosaico digitale di Beeple, uno che gioca nello stesso campionato, battuta da Christie's qualche mese fa per 69 milioni di dollari, la quotazione più alta di artista vivente dopo Koons e Hockney. L'evento che tutti gli intervistati finiranno per citare come quello che ha obbligato il mondo a «prestare attenzione». In altri termini il vero Big bang degli nft (non-fungible token), gettoni non fungibili, ovvero quei certificati ancorati alla blockchain – lo stesso registro che rende scambiabili le criptovalute – che in questo caso stabiliscono a chi appartiene l'opera d'arte. Cioè, al netto degli inevitabili tecnicismi, l'argomento di quest'articolo in cui cercheremo di capire se l'esoterica sigla è il futuro dell'arte, il presente della finanza, entrambe le cose o nessuna di queste.
Qui sotto una lista di persone con cui ho parlato.
Lui è Colborn Bell, co-fondatore del Museum of Crypto Art, il primo del suo genere.
Frenetik Void è un ventiseienne di Buenos Aires. È uno dei 20 artisti Nft più quotati.
John Borthwick. Finanziatore di startup, fondatore del coworking Betaworks Studios, all'interno del quale è stata incubata Infinite Objects, l'azienda che produce le cornici di plexiglas in cui è possibile visualizzare video o altre opere digitali, già pensa alla prossima evoluzione. Vale a dire a opere digitali che «stiano integralmente dentro la blockchain e non abbiano nel registro solo il link a un jpg che si trova altrove».
David Salle, esponente di spicco della pictures generation in cui giustappone pittura a fotografie nonché autore di How to See, una collezione di saggi a cui hanno collaborato Koons, Lichtenstein e Baldessari. Adesso ha messo un piedino nell'oceano degli nft tokenizzando un breve video che è una specie di backstage di una sua opera.
Karan4d è un ventiquattrenne che paga l’affitto grazie alla sua AI art, ovvero le elaborazioni grafiche eseguite da un software che lui ha personalizzato.
Nel 2014 Kevin McCoy presenta durante una celebre conferenza tecnologica il suo monegraph (acronimo di grafica monetizzata) che altro non è che un modo per registrare il link di un'opera d'arte digitale sul registro della blockchain per mettere a verbale chi ne è il proprietario. Di fatto è il primo Nft della storia.
Olive Allen («Ho tra i 15 e i 115 anni» scherza) viene dagli Urali da dove una decina d'anni fa è fuggita da una famiglia di cui preferisce non parlare e da un paese che le andava strettissimo. Oggi è un’affermata artista digitale.
QUANDO DIVENTERANNO VERDI I BITCOIN SARANNO MATURI
Per restare in tema sull’ultima Galapagos scrivo della valuta con cui generalmente gli Nft sono registrati e scambiati, gli Ethereum. Che, come tutti i simil-Bitcoin, hanno un problema energetico grosso come una casa. Senonché qualcuno ha pensato a una soluzione:
Oggi le transazioni vengono completate al termine di una proof-of-work, ovvero la risoluzione di equazioni estremamente complesse da parte di computer molto potenti (che consumano molta energia). L'idea è di sostituirla con una proof-of-stake (prova di posta in gioco) per cui chi valida la bontà delle transazioni lo fa dando in pegno una quantità di criptovalute che, se si scopre che ha truffato, perderà. Invece che sulla potenza di calcolo si punta sulla condivisione del rischio. Il prototipo Beacon Chain è stato testato per quasi un anno, a fianco del tradizionale proof-of-work, da Ethereum con oltre 250 mila "validatori" che hanno messo sul piatto oltre 38 miliardi di dollari di controvalore. È un sistema che consumerebbe il 99,95 per cento in meno di energia.
DA VEDERE: DOPESICK
L’epidemia da oppioidi è una tragedia americana figlia di avidità e cinismo. Dopesick (Disney+) la racconta benissimo, a partire dai sogni di gloria della famiglia Sackler, che da una parte trasformava milioni di persone in tossici e dall’altra si rifaceva una verginità largheggiando nella filantropia. Un gran classico, non c’è che dire.
Epilogo
Eccessi degli Nft a parte, è stato molto eccitante stare così vicino a persone che costruiscono il futuro e non si limitano a subirlo. Rivitalizzante.