#25 Volete un secondo stipendio?!?
Il Covid amico della Borsa; i quant, dei di Wall Street; i bot che fanno il mercato; capire lo spread; la crisi del 2008 non fa un baffo ai banchieri; Il clima che cambia l'Italia; Trust; Estate
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Prologo
Qualche tempo fa chiamai un sito che prometteva di diventare ricchi investendo in azioni Amazon. Ci si era appena rovinato il fidanzato di Rocco Casalino ed ero curioso di capire come funzionava. Ascoltai una lunga spiegazione tendente al miracoloso (un brandello potete ascoltarlo voi stessi qui) e poi dissi no grazie. Da allora cominciarono a chiamarmi sempre più spesso per convincermi. Come e peggio delle agenzie immobiliari che, se non le minacci, continuano a martellare per lustri dopo che hai comprato casa. Ho bloccato molti numeri di cellulare ma gli attacchi si moltiplicano da chiamanti sempre nuovi. Vuoi farti un “secondo stipendio” con Amazon è diventato il nuovo “enlarge your penis”. Mala tempora currunt.
Economia della pandemia
Se c’è una cosa che questa terrificante crisi ha dimostrato è quanto l’economia reale sia sconnessa dalla finanza. Mentre la prima andava in pezzi per il Covid la seconda non è mai andata meglio. Ne ho scritto più volte. E gli italiani, oltre ad aver capito che si può comprare un caffè con una carta di credito, sembrano di colpo aver abbandonato il Bot, intesi come buoni ordinari del Tesoro, per i bot, gli algoritmi che fanno girare la Borsa. Un estratto (il pezzo qui):
Prima di iniziare ho chiesto qualche pezza d’appoggio a Salvatore Gaziano e a Roberta Rossi di SoldiExpert, piccola società di consulenza finanziaria con vent’anni e circa 400 clienti alle spalle. Stando a un censimento di Assosim, tra gennaio e aprile scorsi gli scambi azionari sono saliti del 55 per cento, toccando il 166 sugli Etf. E se, in questa febbrile attività borsistica, ci concentriamo sul sottoinsieme retail, ovvero gli investitori non professionali, io e voi per intenderci, questo è cresciuto di un quarto rispetto all’anno prima (da 73 a 91 miliardi di euro).
Ad adiuvandum, ecco poi una slide di un seminario recente della Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane titolato Boom di acquisti azionari durante il lockdown, con punte sui 5.000 nuovi investitori nelle settimane più crude della prima ondata. I broker fai-da-te sono ormai una legione: 15 mila day trader, che comprano e vendono in giornata; 200 mila persone che operano almeno una volta alla settimana; 2,2 milioni di intestatari di un conto titoli, il prerequisito per negoziare alcunché. La realtà è sempre più complessa delle nostre semplificatorie intuizioni – svago su Netflix, shopping su Amazon, lavoro su Zoom e nelle pause approfitti per investire online – ma un aumento c’è stato.
I quant, signori di Wall Street
Emanuel Derman, fisico, è stato ribattezzato l’“Einstein di Wall Street”. Di mestiere fa il quant, ovvero si occupa di finanza quantitativa, per modellare matematicamente il comportamento imponderabile del mercato. Il problema, mi aveva spiegato, è che dove entra in gioco l’irrazionalità umana non si può prevedere quasi niente. E così succedono i subprime e altre catastrofi. Molto infatti ha a che vedere con errori di valutazione tipo quello spiegato di seguito (qui il pezzo intero):
Prima di procedere vi chiedo un piccolo supplemento di pazienza per comprendere, nell'esempio di Felix Salmon, il concetto di «correlazione». Immaginatevi Alice, di sei anni. Mettiamo che abbia le stesse probabilità, il 5 per cento, che i suoi genitori divorzino entro l'anno; di prendere i pidocchi; di vedere cadere la maestra su una buccia di banana. Titoli che scommettessero sul realizzarsi di questi eventi avrebbero più o meno lo stesso prezzo. Ma se volessimo quantificare in che misura il loro accadere possa influire sulla probabilità che succedano anche alla compagna di banco Britney? Il divorzio dei genitori di una non rileva su quello dei genitori dell'altra (correlazione 0). I pidocchi però sì (correlazione 0,50, ovvero 50 per cento di probabilità). Se addirittura una vede scivolare l'insegnante, l'altra che le siede accanto avrà quasi le stesse chance (correlazione 1). Calcolare le probabilità che lo stesso evento, con correlazioni così disparate, capiti a due o più persone è ciò che la copula di Li prometteva. Forti di questo modello la banche d'affari potevano prezzare molto più rapidamente sia i Credit default swap (Cds), derivati sul rischio di fallimento di un credito, sia le Collateralized debt obligation (Cdo), ovvero i pacchetti obbligazionari che contenevano grosse quantità di mutui. Il risultato è che si è passati dai 920 miliardi di dollari di Cds scambiati nel 2001 ai 62 trilioni del 2007. Mentre 275 miliardi di Cdo negoziati nel 2000 sono diventati 4,7 trilioni nel 2006. Il Big Bang di Li. Con le schegge di quei titoli tossici che ancora infestano l'ecosistema finanziario.
Quei nanosecondi che decidono il turbo-capitalismo
Se i quant provavano a capire su cosa puntare, quelli che ormai compravano le azioni non erano più uomini ma bot. Per un periodo oltre il 60% degli scambi di Borsa era stato automatizzato, per poi assestarsi intorno alla metà. Stando così le cose chi aveva la connessione più veloce vinceva. E quando dico più veloce anche una manciata di nanosecondi poteva fare la differenza. Ero andato a vedere:
SECAUCUS (NEW JERSEY). L’unico indizio è stampigliato sul coperchio di un tombino. Equinix c’è scritto, una delle più importanti società che allestiscono e affittano data center, luoghi abitati da tanti computer e pochi uomini, le disincarnate cattedrali dell’economia digitale. Per il resto è un hangar decisamente più anonimo di quello di Century 21, lo stocchista di moda sull’altro lato della strada, senza finestre, ingentilito solo da alcuni alberelli tra il parcheggio e la strada. Un piano unico di acciaio e cemento, con difese supplementari «anche in caso di alluvione». Dietro la sua abbacinante insignificanza architettonica NY4 è una delle sette meraviglie del mondo della finanza. Si scrive Wall Street, che dista tre quarti d’ora in auto, ma si legge Secaucus Road, una zona industriale che a confronto il Vicentino sembra la Val d’Orcia. Ogni azione teoricamente negoziata al New York Stock Exchange in pratica viene venduta e comprata attraverso la piattaforma informatica ospitata oltre questa recinzione. E siccome la metà degli scambi viene ormai fatta in autonomia da algoritmi sulla base dell’analisi di quantità immani di dati, più vicino sei alla piattaforma più rapido sarai nell’esecuzione. Da una ventina d’anni, ovvero da quando l’high frequency trading (Hft) ha cominciato a sostituire i broker umani, avere una connessione rapidissima è diventata questione di vita o di morte. Il più breve tempo di reazione per un essere umano è di 140 millisecondi, ovvero il lasso di tempo che occorre affinché il rumore di un tuono provochi un sussulto. Le macchine hanno introdotto nuovi ordini di grandezza. Oggi ogni microsecondo (un milionesimo di secondo) conta. E anche una manciata di nanosecondi (miliardesimi di secondi) possono fare la differenza. Il capitalismo corre quasi alla velocità della luce. Rallentiamo il film e proviamo a capirci qualcosa.
Le discese ardite e le risalite. Storia di un bond italiano
C’è stato un tempo in cui il problema dell’Italia era lo spread. Tutti lo citavano, pochi capivano bene di che si trattasse. Con l’aiuto di un gran professionista avevo provato a umanizzare il concetto (qui il pezzo integrale).
MILANO. Così parlò lo spread. Il nuovo oracolo di Delfi dice cose di cui non comprendiamo bene il significato, ma di cui abbiamo imparato a temere le conseguenze. Nella sua versione più celebre, il «differenziale» tra i rendimenti dei titoli di stato italiani e quelli tedeschi, è diventato anche una divinità mediatica. In tutto il 2006, quando la crisi non era ancora arrivata, una ricerca sui giornali italiani indicizzati da Google dà 56 risultati. Che nel 2011 diventano 14.700. Vuol dire che ogni giorno è stato citato una quarantina di volte. Prime pagine, aperture di tg, senza considerare il diluvio di blog e tweet. Ma alla fine, se un esaminatore sadico vi interpellasse a bruciapelo, cosa sapreste dire delle regole che governano l'andamento del numerino apparentemente più cruciale della nostra vita economica? Per strappare questa vicenda dalla metafisica in cui galleggia, dove osano solo alcune pizie finanziarie, abbiamo provato a umanizzarla. Perché i titoli di stato, al posto di un nome e un cognome, hanno una targa identificativa che permette di seguirne la parabola. Nascita (emissione), opere (passaggi di mano sul mercato secondario) e morte (scadenza). Quello che segue è quindi un accenno alla breve e intensa vita dell'IT0004695075, un buono del tesoro poliennale. Uno fra i tanti Btp che costituiscono i due terzi dei 1800 miliardi di euro del nostro spaventoso debito sovrano.
Il senso dei banchieri londinesi per le crisi
Nel bel mezzo della crisi precedente, quella del 2008, ero andato a Londra per capire cosa aveva comportato per i banchieri d’affari la catastrofe che aveva steso al tappeto il mondo. Risposta breve: quasi niente (qui il pezzo).
LONDRA. Ognuno vive la crisi finanziaria secondo i suoi bisogni e possibilità. Per Roberto Redi, nome di fantasia, è un banale cambio di programma. «Dovevamo andare in Piemonte con una ventina di amici a mangiare tartufi. Il piano era di prendere l'aereo privato di un gestore di hedge fund. Poi le cose sono andate come sono andate, metà partecipanti hanno dato forfait e abbiamo deciso di prendere dei normali voli di linea». Ora di pranzo da George, ristorante per soli soci a Mayfair. Al pianterreno si esercita su un filet mignon David LaChapelle, fotografo surrealista di-e-per divi. Intorno mogli di miliardari mediorientali. Sotto, tra le boiserie chiare del bar, il banchiere trentaquattrenne si sforza di trovare esempi di come il peggior uragano borsistico dalla Grande depressione abbia sconvolto la sua quotidianità. Dice: "La botta si è sentita". Ma poi non gli viene in mente altro che il ripiego per il weekend. «Fuori piove un mondo freddo». Bear Sterns e Lehman Brothers sono affondate. Merrill Lynch inghiottita da un pesce più grosso. Importanti banche britanniche nazionalizzate. Ma né lui ne gli altri banchieri d'investimento italiani incontrati a Londra hanno perso il sorriso. L'unica cautela suggerita dalla situazione straordinaria è la garanzia di un ermetico anonimato: «In un mercato così nervoso basta una parola mal interpretata per influire sulle quotazioni...».
L'impeccabile interlocutore è un banchiere d'investimento di tipo speciale: private banker, gestisce grandi fortune per un'enorme banca americana. Per poter aspirare alle sue cure il chip d'ingresso è 10 milioni di dollari. Lui prende quel capitale e lo fa crescere in media di un 8 per cento all'anno. È una gestione non spericolata, che calibra col contagocce il ricorso ai prodotti strutturati. Nelle sue tasche rimane il 30 per cento di commissioni. Abbastanza per foderarlo di calma zen di fronte alla bufera che soffia intorno: «Quanto resisterei se fossi licenziato domani?». Fa un paio di calcoli, come se la domanda non l'avesse mai sfiorato prima. Il rapporto tra il suo fisso e il bonus variabile è di 1 a 15. E lui, sua moglie e i due bambini campano già di solo stipendio. «Forse tutta la vita», conclude. Se l'evenienza di esser fatto fuori non gli toglie il sonno è perché, in queste settimane orribili, ha ricevuto due altre offerte di lavoro. «Per chi ha una competenza specifica ci saranno sempre occasioni. E Londra è il miglior addestramento per fronteggiare i cambi di stagione, sia climatici che esistenziali».
DA LEGGERE: IL CLIMA CHE CAMBIA L’ITALIA
In troppi non si appassionano al riscaldamento climatico, si è detto, perché è una storia pallosa. Non è elettrizzante seguire lo scioglimento di un ghiacciaio, centimetro dopo centimetro. Per conquistare l’immaginazione (e la consapevolezza del grande pubblico serve più action. Il clima che cambia l’Italia (Einaudi) di Roberto Mezzalama è impermeabile a questa critica perché mostra con sapienza i cambiamenti, fa vedere come il nostro paese sta cambiando i suoi connotati in maniera già molto vistosa. Sullo stessa tema i recenti Viaggio nell’Italia dell’Antropocene. La geografia visionaria del nostro futuro (Aboca) di Telmo Pievani e Mauro Varotto e l’imminente Il nostro ultimo avvertimento. Sei gradi di emergenza climatica (Fazi) di Mark Lynas.
DA VEDERE: TRUST
Su ricchezza e cinismo, Trust (Sky, Now) la storia del rapimento di John Paul Getty III, con un gigantesco Donald Sutherland nei panni di uno degli stronzi più convincenti di sempre.
DA SENTIRE: ESTATE
Estate, nella versione classica di Bruno Martino. O in alternativa quella bossa di Joao Gilberto o quella rinfrescata da Amalia Gré.
Epilogo
Tanti anni fa, quando ero molto giovane e molto stupido, investì sconsideratamente sulla new economy e persi il 92% per cento di tutti i miei soldi. In questi anni ho investito meglio e li ho recuperati ma la finanza resta uno sport estremo e mi sembra che solo tre consigli abbiano senso. Uno: non fidatevi MAI di qualcuno che vi dice che “non c’è rischio”, men che meno se lo fa per telefono (attaccare subito, senza pietà). Due: investite solo ciò che potete perdere. Tre: nobody beats the market, se puntate su Standard&Poor 500, il meglio della Borsa americana, difficilmente vi farete troppo male.