#21 È sempre troppo presto per morire
Gli immortalisti del Wisconsin; il transumanista Bostrom; la dieta della longevità di Longo e la restrizione calorica di Fontana; cosa ci insegna la morte per Bauman; Montaigne; Top of the Lake; etc
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Prologo
La bestemmia definitiva nella Silicon Valley è arrendersi al fatto che alcune cose non possano essere aggiustate, migliorate, reinventate. In questa logica niente è più sfidante della vita medesima: com’è possibile che non la possiamo raddoppiare come si fa con la durata delle batterie? Ed è così che il complesso tecnologico-industriale tenta un nuovo approccio alla longevità: usare i cani, nostri fedeli amici, come cavie di nuovi trattamenti. Perché se hai successo sui ratti se ne accorgeranno solo gli scienziati mentre se lo hai con Fido se ne accorgeranno tutti e l’approccio verso questi nuovi farmaci sarà rivoluzionati (più diffusamente nell’ultima Galapagos). Non so come andrà a finire, ma ha una sua logica.
GLI IMMORTALISTI DEL WISCONSIN
Di immortalità mi sono occupato più volte. La prima volta andando a trovare, in Wisconsin, una banda di immortalisti, gente che credeva già una dozzina d’anni fa che si poteva estendere indefinitamente la durata della vita. Un estratto:
La missione dell'Istituto è incisa sotto la testata. Dice «advocacy & research», sostegno e ricerca. Sul primo fronte organizzano convegni, raccolgono fondi (30-50 mila dollari all'anno) e li ridistribuiscono sponsorizzando alcune iniziative che ritengono particolarmente promettenti. «L'ultima borsa di studio che abbiamo indetto riguarda la rimozione via laser del liposfuscin» spiega Loew, sul divano color ruggine del salotto sulle cui pareti spiccano quadri new age, dai motivi geometrici e a tinte forti, opera sua e di amici. «Si tratta di una specie di materiale di scarto cellulare, responsabile ad esempio delle macchie scure sulla pelle dei vecchi. Ci si è accorti che il laser lo assorbe, ripulendo le cellule, e ciò apre orizzonti che vanno ben oltre la cosmetica». Una specie di lavaggio sino a tre centimetri di profondità per disincrostare le cellule e farle brillare di nuovo su cui studia la Sens Foundation in California, con il modesto incoraggiamento messo in campo dall'ImminInst. E qui ci si incaglia sui primi misteri. Che razza di ricerca è quella per cui 8 mila dollari possono fare un po' di differenza? E sulla base di cosa il metereologo e il board composto da altre sette persone, perlopiù non specialisti, decisono su quali filoni puntare? La "Mente" non si scompone: «Cerco di leggere tutto quel che esce su questi temi. L'80 per cento della mia conoscenza viene dalla riviste scientifiche e dai media generalisti, il 20 dalla partecipazione a convegni e dal rapporto diretto con i ricercatori». Che se non li prendono particolarmente sul serio nel merito, di certo non disdegnano l'entusiastico fiancheggiamento esterno di questi evangelisti della causa. Così, pochi mesi fa, Justin e Tana erano a Cambridge, Regno Unito, invitati da Aubrey de Grey, carismatico e discusso sostenitore del traguardo dei 120 anni.
IL TRANSUMANISTA BOSTROM
Anni dopo invece sono andato a Oxford a intervistare Nick Bostrom, direttore del Future of Humanity Institute e transumanista, anche se in quei tempi era diventato pubblicamente più cauto su questo aspetto. Si era parlato del futuro del pianeta e il pezzo iniziava così:
OXFORD. Nella stanza ci sono otto uomini e un transumanista. L'argomento del giorno è la solar radiation management , ovvero come schermare la Terra dalle radiazioni del Sole. Si tratta di far spruzzare nell'atmosfera, da palloni aerostatici, un aerosol gigante di solfati che dovrebbero deflettere il calore. Un fisico va subito sul pratico: «I solfati, ai prezzi correnti, dovrebbero costare circa un miliardo di sterline all'anno. L'intero progetto una decina. Ciò significa che, se anche rimanesse solo l'1 per cento del Pil mondiale, ce ne sarebbe sempre abbastanza per farlo continuare». Un ingegnere problematizza: «Sì, ma chi regolerebbe il termostato?». Se il sangue che scorre negli uffici per divergenze d'opinione sull'aria condizionata è di qualche indicazione, non sarà una barzelletta mettere d'accordo Cina e Stati Uniti. Niente in confronto all'eventualità di un termination shock bisbigliata dal relatore tedesco con espressione grave. Perché se il sistema dovesse funzionare bene, isolando grandi quantità di calore dietro alla barriera vaporizzata, e qualcuno (magari un terrorista) la disattivasse di colpo una vampata gigantesca investirebbe il Pianeta con conseguenze catastrofiche. Come se spalancaste un forno che da anni immagazzina energia.
LA DIETA DELLA LONGEVITÀ
Su un versante molto meno fantascientifico avevamo dedicato, decisamente prima che diventasse una celebrità in Italia, una copertina a Valter Longo direttore del Longevity Institute di Los Angeles. Ci ripenso ogni volta che sento amici o conoscenti che si dannano per cercare la dieta giusta per campare sani. È tutto terribilmente più semplice e, in cinque parole, si riassume così: mangiate come i nostri nonni.
LOS ANGELES. Il momento della verità scocca alle otto e mezzo. Cosa mangerà l’ideologo del digiuno? Valter Longo, quarantasette anni, un metro e ottantacinque per settantacinque chili, tanti capelli lunghi e non uno bianco, lascia la Nissan elettrica al parcheggiatore e fa strada verso il diciottesimo piano del Penthouse di Santa Monica, la gemella azzimata della fricchettona Venice. Il cronista osserva in religioso silenzio prima di ordinare. Dopo un’attenta rassegna del menu il direttore del Longevity Institute della University of Southern California delibera: insalata di polpo, una ciotola di songino con mandorle, acqua gasata. Intorno rumoreggiano le nipotine di Baywatch.
Non c’è niente di penitenziale né dentro né fuori dai piatti. Questa è la forza di una dieta ragionevole, che anche la fallimentare disciplina di un essere umano standard può permettersi. Compresi occasionali strappi alle regole, peraltro facilissime da riassumere: poche proteine, pochissimi zuccheri, pesce sì, ma altra carne al minimo, intermittenti astensioni dal cibo. Un regime che promette di dimezzare i tumori, abolire le malattie cardiovascolari e il diabete e ridurre sensibilmente il rischio di Alzheimer. Per un extended play della vita di 12-15 anni che, aggiunti agli 83 medi italiani, ci porterebbero (praticamente sani) alle soglie dei cento. Nella peggiore delle ipotesi, a dar retta a Time. Che qualche mese fa ha schiaffato un rubicondo neonato in copertina avvertendo che potrebbe viverne 142. Tra i guru intervistati c’era anche Longo, che però ci tiene a non fare il passo più lungo della gamba. Wittgensteinianamente tace di ciò di cui non può parlare, con trial clinici effettuati e altre pezze d’appoggio. Ne ha già molti. Altri sono in corso. Di altri ancora conosce i risultati, ma non può violare l’embargo prima della pubblicazione in riviste scientifiche. Tutto sembra convergere verso la sua intuizione. L’elisir di lunga vita esiste e assomiglia terribilmente a ciò che sapevamo e abbiamo dimenticato. Ovvero: mettere nel piatto quel che avrebbero mangiato i nostri nonni per vivere quanto potranno legittimamente aspettarsi i nostri nipoti (anche grazie anche ai progressi della medicina).
Dieci anni fa ero stato all’università di Saint Louis, nel Missouri, per intervistare Luigi Fontana sulla restrizione calorica.
I CENTENARI DELL’OGLIASTRA
Mentre la scomparsa del Dna dei centenari dell’Ogliastra, in Sardegna, era diventato un giallo di cui avevo scritto qui:
PERDASDEFOGU (Nuoro). Adolfo Melis si alza ogni giorno alle cinque e mezzo, scende nel bar che ha aperto nel ‘58, a poche centinaia di metri dal poligono celebre per l'uranio impoverito, e avvia le macchine per il caffè. «Mai fermarsi: bisogna dare l'esempio ai giovani» dice questo novantatreenne compatto, di acciaio inox. È il sestogenito di una famiglia eccezionale. Nell'ultimo anno e mezzo se ne sono andate Consola, alle soglie dei 108 anni, Claudia (quasi 103), Maria (a un passo dai 100), mentre stanno compatibilmente bene Antonio (97), Concetta (95) e altri quattro. Una concentrazione di longevità anomala anche per gli altissimi standard dell'Ogliastra, una delle quattro-cinque blue zone al mondo, quei luoghi dove per qualche fortunatissimo allineamento genetico-ambientale le persone tendono a vivere significativamente più a lungo del resto della popolazione. Adolfo minimizza: «Una vita attiva, all'aria aperta, tanto minestrone, vino senza mai ubriacarsi». Ovviamente c'è dell'altro.
COSÌ LA MORTE CI INSEGNA A VIVERE
Ma le cose più definitiva su come venire a patti con l’idea della morte me le ha raccontate Zygmunt Bauman, nel salotto di casa sua, a Leeds, tra un tè e l’altro. Qui il video di un pezzo di quella conversazione:
DA LEGGERE: MONTAIGNE. L’ARTE DI VIVERE
L’avevo letto prima che uscisse in italiano ma poi è meritoriamente arrivato Fazi a tradurlo. Le citazioni le lascio in inglese come le ho raccolte da How to Live: Or A Life of Montaigne in One Question and Twenty Attempts at an Answer di Sarah Bakewell. Libro stupendo.
Cicero summed up their principle neatly: “To philosophize is to learn
how to die.Death is only a few bad moments at the end of life, he wrote in one of
his last added notes; it is not worth wasting any anxiety over.In dying, he now realized, you do not encounter death at all, for you
are gone before it gets there. You die in the same way that you fall
asleep: by drifting away. If other people try to pull you back, you
hear their voices on “the edges of the soul.” Your existence is
attached by a thread; it rests only on the tip of your lips, as he put
it. Dying is not an action that can be prepared for. It is an aimless
reverie.“How does one achieve peace of mind?” On the latter point, Plutarch’s
advice was the same as Seneca’s: focus on what is present in front of
you, and pay full attention to it.
Amor fati, or love of fate. As the Stoic Epictetus wrote: Do not seek
to have everything that happens happen as you wish, but wish for
everything to happen as it actually does happen, and your life
will flow well.
DA VEDERE: TOP OF THE LAKE
Top of the Lake di Jane Campion. Su una detective che torna a casa e affronta alcuni suoi demoni, che è dire tutto e niente. Ricordo solo che mi è piaciuta. Da scaricare o noleggiare, mi sa.
DA SENTIRE: THE GOOD LIFE
Frank Sinatra sarà stato anche un bandito ma quanto a cantare sapeva il fatto suo come pochi altri. Qui in The Good Life:
Yes, the good life, to be free and explore the unknown,
Like the heartache when you learn you must face them alone,
Please remember I still want you and in case you wonder why,
Well, just wake up, kiss that good life goodbye.
Epilogo
Vi ricordate tutti la famosa battuta di Woody Allen, quella in cui dice «Ho smesso di fumare. Vivrò una settimana in più e pioverà a dirotto». Ecco, credo ci sia più saggezza lì che in intere biblioteche. Però non trovo da nessuna parte in che film l’ha detta e neppure Saverio Raimondo, cassazione di tutte le cose alleniane, ne è sicuro («Mi sembra Provaci ancora Sam, ma non trovo le prove: Forse era nel repertorio di stand-up?»). Qualcuno lo sa per certo?