#185 Gualtieri c'è (e finalmente si vede)
1) Il sindaco di Roma ha cambiato marcia 2) Due anni fa lavorava ancora alle fondamenta 3) Mujica, ultimo rivoluzionario 4) Pasta alle vongole a 6€, a Palermo 5) L'IA di Meta
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IL SINDACO DI ROMA È PARECCHIO SUL PEZZO
Dopo quasi due anni e mezzo dal primo articolo che gli avevamo dedicato sono tornato a intervistare Roberto Gualtieri. Aveva fatto delle promesse e abbiamo provato a capire come sono andate a finire. Complessivamente bene, mi vien da dire. Un breve estratto dell’articolo sul Venerdì in edicola:
Due anni fa lei rivendicò che tra tagliare nastri e lavorare in ufficio preferiva la seconda via. Poi che è successo, ha cambiato idea e strategia?
«No, non è un cambiamento di strategia, ma di fase. All’inizio la mia scelta è stata di non puntare sui micro-interventi ma di affrontare i nodi strutturali della città. Reperire le risorse è stato un lavoro molto impegnativo: qui prima ci potevano volere dieci anni per aprire i cantieri, non per chiuderli. Per varare circa mille progetti serviva stare in ufficio. Poi, dopo 15 anni di immobilismo, i romani si sono ritrovati in un attivismo urbanistico modello Shanghai. E per accompagnarlo ho deciso di metterci la faccia con centinaia di video perché ci sono centinaia di cose finite da mostrare. Ora penso che si cominci a comprendere che facevamo sul serio».A occhio la percezione è cambiata. Ma cominciamo dai rifiuti. Un amico mi ha detto: “A me sembra uguale…”. Sotto casa mia, invece, è senz’altro meglio. Fuori dalla sagra degli aneddoti personali, lei che numeri può darci?
«I dati sono evidenti. Abbiamo assunto in Ama 700 giovani molto motivati. Era un’azienda decotta e ora ha grande efficienza. Sono stati sostituiti tutti i cassonetti. Messi 18.000 cestini, tre volte di più di quelli di prima. Aumentato turni e frequenza della raccolta: 17.500 tonnellate in media alla settimana (due anni fa erano 16.500, ndr). La differenziata sopra il 49 per cento contro il 46 di tre anni fa. Lo spazzamento coi mezzi copre 2.800 chilometri di strade a settimana mentre quello manuale, che abbiamo reintrodotto noi, altri 600. Per non dire del sistema Ucronia che, grazie a un “gemello digitale” della città, con l’Ia prevede addirittura dove cadranno più foglie da raccogliere. Non siamo ancora dove vogliamo arrivare – definirei “dignitoso” il livello – ma pur sempre ad anni luce rispetto al passato».
Al netto del termovalorizzatore di cui, però, il governo le ha appena tolto i poteri commissariali: cosa cambia?
«Guardi, quasi niente. {continua sul Venerdì}
L’INCONTRO PRECEDENTE ERA ANDATO COSÌ
La volta prima l’avevo incontrato nel novembre del 2022. Questo è il pezzo che uscì a dicembre di quell’anno:
ROMA. «Segui il sindaco!» intima un addetto dello staff ad Augusto, autista di vari primi cittadini, a bordo di una nevratile Y10. L'uomo obbedisce ma poi dissente: l'auto blindata davanti a noi ha, senza ombra di dubbio, preso una strada sbagliata. Gli agenti campani hanno fiduciosamente digitato "protezione civile" e Google Maps li sta portando altrove. Ed è così che il romanissimo dipendente comunale prende il comando e, a dispetto della bomba d'acqua che minaccia la capitale, porta a destinazione Roberto Gualtieri e il piccolo drappello dell'informazione. Che aveva il compito di raccontare una giornata con lui tra convegni sui femminicidi, inaugurazioni di parchi, visite a mercati rionali, varie ed eventuali in una città dove esplodono i cassonetti, prendono fuoco i bus e le strade sembrano bombardate di fresco. Per provare infine a rispondere a una domanda che, come un perfido ponentino, spettina le certezze anche di tanti che l'hanno votato. Ovvero: oltre all'annuncio del termovalorizzatore, che non è poca cosa ma dovrebbe diventare realtà nel 2025-26, che cosa ha fatto l'ex ministro dell'economia nel suo primo anno di consiliatura? O, per dirla con la feroce sintesi tutta romanesca di un tassista (di Samarcanda, badate bene, la cooperative più de' sinistra): «Gualtieri? Gualtieri chi?!?». Segue articolo in tre atti, tanti quante le occasioni avute per vedere l'uomo all'opera, con l'avvertenza quasi cechoviana per cui se al primo atto appare una musica di Morricone con ogni probabilità entro il terzo ci sarà un duello.
ASSOLO ALL'AUDITORIUM
Tutto ha inizio il 23 aprile con un messaggio WhatsApp al portavoce. In verità avevo chiesto l'email a un collega ma ho capito presto che il Campidoglio è un territorio dove la "chiocciola" è animaletto bandito e si comunica solo via WA, con un non infrequente ricorso ai vocali, scusabili giusto per neo-mamme troppo indaffarate per digitare. «Ci piacerebbe raccontare una giornata del sindaco, da mattina a sera. Ci possiamo lavorare?». La risposta arriva a stretto giro: «Sì ci lavoriamo». Seguono reminder. Rassicurazioni. Penultimatum. Sopravvenuti impegni del cronista. Alla fine di settembre viene fissata la data del 28 ottobre (sei mesi dopo la richiesta originaria), senonché scopriamo che l'8 novembre il sindaco, evidentemente intercettando una curiosità diffusa, presenterà all'Auditorium il bilancio del suo primo anno. Quindi tanto vale andare lì e capire se il resoconto è esaustivo o c'è margine, dopo, di approfondire. L'atmosfera è a metà strada tra la serata finale degli Oscar e un evento aziendale con forte ricorso a truppe cammellate, come si desume dall'imponderabile scatto degli applausi che non rispondono a logiche da comuni cittadini, tipo le mani spellate quando nomina il prefetto Frattasi. Distribuiscono anche un elegante quadernino rosso curato dalla Treccani che ha sulla copertina la voce "ripartire". L'inizio è previsto per le 18 ma l'evento, con scandalo forse solo per gli alloctoni, non inizierà che 35 minuti più tardi. Sul palco giusto il sindaco, molto in palla, davanti a un leggio per una performance che immagino lungamente preparata per recuperare in 70 minuti no stop 365 giorni di comunicazione perduta. Concetti chiave: «Roma si è rimessa in moto dopo almeno dieci anni di declino»; «Stiamo mettendo basi per trasformazione dopo aver trovato macchina amministrativa completamente ferma»; «Oggi la città è più pulita, ma non ancora come merita». Passaggi memorabili, anche se di grandezza e significato assai disomogenei tra loro: grande soddisfazione per un punteggio di 6,74 come qualità della vita, il più alto da quando lo misurano; tempo per avere carta d'identità digitale passato da 3 mesi a 1; rifiuti in discarica dal 30 al 3 per cento (ma è solo un piano); bandi per assumere due (sic) giovani agricoltori; l'introduzione di un bot che, grazie all'intelligenza artificiale, dovrebbe rispondere alle domande dei turisti. Sul finale una gragnuola di titoli di attività svolte o annunciate che si affollano sul grande schermo alle spalle del sindaco, fino a saturarlo. A chiudere, con una rima sin troppo baciata rispetto alle ultime parole dell'oratore, parte Rome Wasn't Built in a Day dei Morcheeba, gran classico del 2000 verosimilmente recuperato dall'ampio canzoniere giovanile del politico-chitarrista. La sensazione complessiva, a caldo, è di fastidio: cosa c'è, esattamente, da festeggiare? Non era meglio un po' più di understatement, peraltro da una persona seria e secchiona cui dovrebbe venire naturale, cui è capitata – essendosi candidato – la patata amministrativa più bollente del Paese? Tipo dire: «Cittadini, capisco il vostro scoramento: avete visto ancora poco o nulla perché il lavoro è addirittura più difficile del previsto. Però io ho una visione, ora ve la spiego e alla fine del quinquennio mi promuoverete o boccerete». Chiunque abiti a Roma sa che l'ordinaria amministrazione qui, tra gabbiani saprofaghi su ziggurat di rifiuti e strade che diventano torrenti urbani alla prima pioggia, varrebbe da sola un soggetto su una metropoli distopica. E allora perché menzionare l'ultimo tormentone urbanistico, la «città dei 15 minuti», ovvero con tutti i servizi raggiungibili a piedi, che sarebbe bellissima se in quel medesimo intervallo qui non riesce a passare neanche il celeberrimo 64, torpedone preferito dai borseggiatori? Quindi torno in redazione contrariato andante.
A TU PER TU COL PRIMO CITTADINO
A dispetto del gigantismo della coreografia, con un enorme braccio per le riprese dall'alto, la notizia conquista essenzialmente le cronache locali. C'è margine per tornarci su. Serve fissare un giorno buono dove ci sia anche un po' di action per il fotografo. I venerdì il sindaco va nei quartieri. Fissiamo per l'11 novembre, senonché alla vigilia la visita viene cancellata per cambiamenti nell'agenda. Intanto faremo l'intervista. «Qualche anno fa sul Venerdì facemmo un servizio sull'Ama, gestione Raggi, perché un tondo spartitraffico giallo giaceva indisturbato da mesi, insieme a varia sporcizia, vicino al marciapiedi sotto casa mia» è l'esordio: «Adesso ce ne sono un altro paio e nessuno li toglie. Sulla base di cosa sostiene che Roma sia più pulita?». Gualtieri dice che, dopo lunghissima sosta, hanno reintrodotto lo spazzamento delle strade. Che i progressi iniziali più vistosi nella raccolta sono stati neutralizzati dagli incendi di due impianti (ma anche alla Raggi li bruciavano). Dice che la differenza vera, in una città che vive sempre sul filo della capienza dei conferimenti, la farà il termovalorizzatore. Il terreno dove sorgerà è già stato comprato (a Santa Colomba). Entro il 2023 qualcuno si aggiudicherà il bando per la costruzione. Per il 2025-2026 entrerà in funzione. È sicuro? Lo stesso governatore Zingaretti sembra avere dubbi? «Sicuro. Grazie ai poteri di commissario avuti dal governo non ho bisogno di autorizzazioni e, se anche i comitati si metteranno di traverso, il termovalorizzatore sarà fatto perché l'alternativa sarebbe stata una nuova discarica che è molto più inquinante, costosa e inefficiente. Basti pensare agli anni che ci vorranno per bonificare Malagrotta. Se poi ad aggiudicarselo sarà un'azienda partecipata, tipo l'Acea, il comune guadagnerebbe anche con una fetta di quegli utili, come succede tra A2a e Brescia. Insomma, lavoro affinché nella prossima campagna elettorale quello dei rifiuti non sia più un tema di cui parlare». La verità è che, tranne rivoluzioni, stabilire a occhio se una città è un po' più pulita di prima è difficile. Rispetto a Lucca, per dire, Roma è decisamente sporca ma sono quantità incommensurabili. Ma se la compari a New York, garantisce una mia amica in visita che vive lì, quanto a topi e cassoni sfondati sarebbe addirittura messa meglio. Siamo però all'aneddotica. E proprio nelle scuole di giornalismo americane insegnano a diffidare sistematicamente di tutti («Se tua madre ti dice "ti amo", verificalo») quindi chiedo dati a conforto che, assicura, mi saranno forniti prontamente. Intanto nega che il termovalorizzatore sia l'unica cosa notevole ad aver annunciato. L'assunzione di 200 assistenti sociali (il bando era della Raggi che però non era arrivata in fondo) ha raddoppiato il loro organico in Comune. Le rette degli asili nido sono state ridotte del 10 per cento, aumentando le fasce di chi ha diritto ad andarci gratis. Sul capitolo mobilità sono ripartite le manutenzioni sulla metropolitana («Altro lavoro abbastanza invisibile, ma essenziale per evitare che a gennaio si fermasse tutto») e, grazie a un inedito accordo con l'Anas, i tempi di intervento sulle riparazioni delle strade si sarebbero dimezzati («Abbiamo già rifatto 128 km su 800 di viabilità primaria e la rifaremo tutte entro due anni. E non con una romanella (Roma è forse l'unica città al mondo che usa il proprio toponimo per battezzare un intervento fatto alla bell'e meglio) ma con un manto stradale a regola d'arte» e mi mostra una foto sul cellulare col dettaglio di un abbondante strato di asfalto. Mi dice, in maniera molto analitica e con entusiasmo, tante altre cose che restano sul taccuino (una riguarda il Mattatoio, prossima "città delle arti", con 80 milioni di investimenti sbloccati che ne fanno il più grande cantiere pubblico cittadino). Non sembra un uomo che mente, ma si dovrebbe essere specialisti pluriennali di bilanci capitolini per poter eventualmente confutare la sua lista. La filosofia di fondo che trovo convincente sta tutta nella seguente frase: «Nessun cambiamento importante si può fare in un anno. Avrei potuto concentrarmi su piccoli interventi cosmetici per far contenti giornali e pubblica opinione, ma le nuove fondamenta che stiamo posando o le facevo ora o non avrei mai potute completarle entro la fine del mandato. Giudicatemi allora». È una scommessa molto rischiosa, che richiede una dose di fideismo, ma torno in redazione più rasserenato.
UNA GIORNATA INDOOR
Manca giusto la giornata. Si punta al 18 novembre, venerdì, giorno deputato alle uscite dal palazzo. L'imputazione più frequente è che il sindaco esce poco o niente, rintanato in ufficio a lavorare («È un po' vero, tra tagliare nastri e studiare come migliorare la città preferisco la seconda»). Però alla vigilia diramano un'allerta meteo e mi rimpannucciano un martedì con un programma che prevede un convegno sulla violenza contro le donne cui partecipa anche il ministro Piantedosi, poi missione all'XI municipio (Portuense e Gianicolense) per andare a vedere un parco sul Tevere inaugurato di recente, un mercato rionale e un cantiere con scavi archeologici. Chissà com'è quest'uomo fisicamente imponente ma cattedratico e non scioltissimo alle prese con i suoi concittadini? Interrogativo clamorosamente frustrato perché, la mattina fatidica, sulla base di un'allerta meteo, il sindaco medesimo ha chiuso vari parchi tra cui il nostro lungo il Tevere per paura di esondazioni oltre che le scuole a Ostia («Un altro lavoro difficile ma sotterraneo: potevo chiuderle tutte e lavarmi la coscienza, causando però un sacco di disagi ai genitori. E decisioni così devo prenderne di continuo»). La giornata, con massima delusione del fotografo, va ripensata al chiuso. Quando me lo comunicano cadono ancora poche gocce e ironizzo col mio capo su «un sindaco indoor» come possibile titolo di questo servizio. Ma poi la tempesta arriva e mi rendo conto, una volta di più, di come sia facile ironizzare e quanto difficile gestire i problemi, tanto più di una conurbazione da quasi tre milioni di abitanti. Alla protezione civile di piazza di Porta Metronia, dove arriviamo dopo alcune incertezze iniziali, lo aggiornano sulla situazione e il sindaco avverte di un albero pericolante che qualcuno gli ha segnalato (Oscar per il migliore attore non protagonista a Mario Falconi, presidente del municipio di Ostia, che non si rende conto di essere ancora videocollegato e fa un paio di commenti spassosi sul suo tempismo e la malefica tecnologia). Chiede di come hanno retto le caditoie e ottiene una risposta vaga. L'anagrafica degli interventi è proiettata, quasi illeggibile perché sfocata, su un telo. Gualtieri è il tipo d'uomo che si appassiona delle tecnicalità. Mi mostrerà poi questo sistema di reportistica che ha introdotto e che, più volte al giorno, lo avverte sul cellulare dell'evoluzione del meteo a rischio. Di ritorno in Campidoglio i dati che avevo chiesto una decina di giorni prima sono ancora molto frammentari e, soprattutto, rendono impossibile la comparazione tra il prima e il dopo. Il colmo per uno storico, quale Gualtieri è, è uno staff cui risulti estraneo il concetto di serie storiche. Glielo dico e prende in mano la faccenda. Chiama Tobia Zevi, apprezzato assessore alla casa, e lo mette in viva voce: «Prima assegnavamo sei case al mese, ora quaranta». Questo scarto lo capiscono tutti. «Ieri sui contributi agli affitti c'erano ritardi di sette anni: oggi siamo in pari». Poi è la volta di Eugenio Patané, assessore alla mobilità: «Nel 2019 sono bruciati 23 bus, nel 2020 17, nel 2021 8, nel 2022 2». Chiaro. E poi: «Abbiamo ottenuto 1,7 miliardi dal governo per la metro C e se Salvini non ne blocca altri 1,2 avremo ottenuto l'investimento più grosso da decenni per la manutenzione». Vedremo. Intanto cose piccole che cambiano la vita: entro gennaio, su tutti i 1200 bus della capitale, si potrà (giurano) pagare battendo la carta di credito su un lettore. Chiama infine Sabrina Alfonsi, assessora ai rifiuti che commette l'errore fatale di non darli in diretta i dati, ma di promettere che arriveranno. Sin lì l'unico dato di raffronto partorito riguardava la raccolta media settimanale passata da 15.500 tonnellate a 16.500 in un anno (+6,45 per cento: un miglioramento certo, senz'altro non una palingenesi). Insisto sul prima e dopo, ma niente. C'entra il fatto che ci sono i mondiali e in un ufficio del Campidoglio intravedo qualche fotogramma di Argentina-Arabia Saudita? Alzo il livello della mia delusione (il duello annunciato nel primo atto dalla colonna sonora di C'era una volta in America). Alla fine, sulla differenziata, entra in gioco Ama che certifica che tra 2021 e 2022 la raccolta è cresciuta dal 45,8 al 46. L'ex ministro dell'economia, persona che anche a Bruxelles sanno essere seria e per bene, può davvero spacciare un +0,44 per cento per una svolta? Ovviamente no. Come d'altronde quel voto di 6,74 sulla qualità della vita certificato dalla Acos, l'Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici, «il più alto da quindici anni»: lei, a scuola, sarebbe stato contento per aver preso sei e mezzo (e 4,9 sui rifiuti)? «C'è margine di miglioramento, ma credo che la scala sia da uno a sette» dice, e se fosse così sarebbe l'unità di misura più originale del mondo. In ogni caso la classifica di Italia Oggi-Università la Sapienza piazza Roma al cinquantatreesimo posto in Italia, scalando una posizione rispetto all'anno scorso. Ce n'est q'un début, ma una rivoluzione è un'altra cosa. Diamo tempo al tempo.
MUJICA, L’ULTIMO RIVOLUZIONARIO
Pepe Mujica è morto. Una dozzina di anni fa, quando ancora era presidente dell’Uruguay, ero andato a intervistarlo a casa sua, una casupola da 50 metri quadri in cui aveva distillato una stupefacente quantità di saggezza. Mi aveva veramente molto colpito come uomo straordinario. L’articolo lo trovate qui e c’è anche un webdocumentario interattivo (dovete cliccare sul menu per andare avanti) che avevo fatto e che però si vede solo da computer, non da cellulare o tablet, e talvolta si vede male anche da pc. Però è toccante.
SPAGHETTI CON LE VONGOLE? A DANISINNI BASTANO 6 EURO
L’ultima Ricchi e poveri:
Potremmo chiamarlo il quartiere dalle gomme sgonfie. Non perché i proprietari dei motorini, generalmente elettrici di marche cinesi mai sentite, si dimentichino di gonfiarle. Ma perché se su un cinquantino pensato per uno ci vai in tre, preferibilmente senza casco, la pressione non è sufficiente. Benvenuti a Danisinni, un quarto d'ora a piedi dalla cattedrale di Palermo. Un quartiere che avevo conosciuto raccontando la vita agra di Salvina, che viveva di lavoretti e per cui esisteva solo un presidente, quel Giuseppe Conte che le aveva dato il reddito di cittadinanza grazie al quale si era potuta finalmente separare dal marito. Danisinni, dicevamo, dove 6-7 ragazzi su 10 ancora si fermano alla terza media, strenuamente aiutati dai volontari del centro Tau. "Da Spirito", più che una tavola calda da 30-40 metri quadri, è un'istituzione. Il menu prevede primi di terra a 5 euro e di mare a 6, compresa la notevolissima pasta alle vongole che prendo io. Sostiene l'IA che, nel centro di Milano, varia dai 15 ai 25 euro e mi sembra verosimile. Passa un'ape rossa con su scritto Il gelatino che vende coni sfusi a ragazzini a petto nudo che dovrebbero essere a scuola. Intorno balconi abusivi in mattoni di cemento armato. Murales che tentano disperatamente di ingentilire il tutto. Come nelle favelas non c'è tristezza. Ma una povertà che andrebbe affrontata.
CARNE DA CANNONE PER L'IA DI META? ANCHE NO
L’ultima Galapagos:
Ad alcune persone che conosco è arrivata una mail da Meta che dice: se non volete che ciò che scrivete sulle nostre piattaforme venga usato per l'allenamento della nostra intelligenza artificiale, potete opporvi. Parliamo essenzialmente dei post e dei commenti su Facebook e Instagram anche se, leggendo l'informativa cui si arriva dopo aver cliccato sul link dove è possibile opporsi, si legge "non useremo il contenuto dei tuoi messaggi privati con amici e familiari per addestrare le nostre IA, a meno che tu o qualcuno nella chat non scelga di condividere tali messaggi con le nostre IA" e non si capisce se questo includa anche Whatsapp, ma a occhio sì. Dal momento che non ho alcuna intenzione di regalare niente a Mark Zuckerberg dopo la sua imbarazzante conversione trumpiana (ma uno stinco di santo non lo è mai stato) lunga 2 ore e 50 ospite di Joe Rogan, ho cliccato sul link e registrato la mia dichiarazione. È stato un piccolo "momento Bartleby", lo scrivano del fatuo "preferirei di no". Pur sapendo che i buoi sono già scappati dalla stalla dal momento che tutto quello che scrivo su Google Docs, compresa questa rubrica, diventerà a sua volta materia prima per la loro IA. Quella specifica resistenza è abbastanza futile, come ho provato ad argomentare presentando il libro "Intelligenza artificiale sociale" di Vanni Rinaldi (qui un commento a margine). Ma fa pur sempre soddisfazione.
Epilogo
Da tre giorni è uscito il mio nuovo libro. Si chiama Scrivere dal vero. Manuale di giornalismo narrativo, è uscito da Sellerio in una sontuosa edizione (è proprio un bellissimo oggetto) ed è quello che dice il titolo. Un po’ antologia di fuoriclasse tipo Tom Wolfe, David Foster Wallace, Emmanuel Carrère, Juan Villoro, Joan Didion e Eliane Brum e vari altri. Un po’ critica letteraria sul giornalismo. Un po’ manuale pratico, condividendo le cose che ho imparato in un quarto di secolo abbondante di professione. Il libro è dedicato “al Venerdì, paradiso in terra di giornalismo”. E non poteva essere diversamente. Sul giornale di oggi troverete 4 pagine di anticipazione che però saranno l’oggetto di una newsletter a parte. Se vi va dategli un’occhiata: mal che vada vi divertirete tantissimo leggendo pezzi scelti di veri fenomeni della specialità!