#82 Cronache da Caoslandia
Che anno è stato il 2022 e cosa possiamo aspettarci per il 2023? L'abbiamo chiesto al sinonimo vivente di geopolitica in Italia: Lucio Caracciolo
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Prologo
Se avete perso il pretesto di Natale avete sempre quello della Befana. E poi ogni scusa è buona per iscrivere a “Lo stato delle cose” qualcuno a cui volete bene.
GUERRA E PACE E TUTTO QUEL CHE CI STA IN MEZZO
Il direttore di Limes Lucio Caracciolo ha scritto un libro densissimo e coltissimo dal titolo La pace è finita (Feltrinelli). E abbiamo deciso di intervistarlo per farci spiegare l’anno che abbiamo vissuto pericolosamente. E quelli, forse non meno perigliosi, che ancora ci aspettano. Un estratto dal servizio di copertina del Venerdì:
Ecco, affrontiamo i fronti più caldi a partire dall'Ucraina: a che punto siamo?
"Assodato che nessuno dei due contendenti può davvero vincere, c'è da determinare rispettivamente in che misura perderanno entrambi. Il che significa che la guerra è destinata a durare, sperabilmente con qualche intervallo, ma la vera pace è lontana. D'altronde anche le radici del conflitto affondano a un secolo fa quando una nazione in formazione, l'Ucraina, decise di emanciparsi dall'impero russo. Spero solo che la soluzione non richieda lo stesso tempo".
All'inizio, tranne i servizi Usa, si sono sbagliati quasi tutti nel prevedere l'invasione, lei compreso. Cosa abbiamo imparato?
"Mi sembrava che Putin sarebbe dovuto impazzire per ficcarsi in una situazione da cui difficilmente poteva uscire bene e ritenevo più probabile che facesse leva sugli ucraini russofili per condizionare il futuro di quel Paese. Però questa razionalità esterna non teneva conto della ratio di Putin di tentare il colpo di Stato. Ma qui entriamo in una logica diversa, quella di considerare reale ciò che, a detta del capo, dovrebbe esserlo. Se c'è una cosa che insegna la geopolitica è proprio di considerare, e anche empatizzare con, i punti di vista molto lontani dal proprio".
Per lunghi mesi anche da noi c'è stata un'inedita polarizzazione e sembrava bastasse amare Dostoevskij per venir considerato putiniano: perché?
"C'è stata una fase eccitata, tipo scontro di civiltà, con Putin paragonato a Hitler e i russi ai nazisti. Paragoni paradossali spiegabili con l'emozione e un certo grado di disinformazione. Ora viviamo una fase opposta, col disincanto accentuato in buona parte dell'opinione pubblica e di molti governi per cui la guerra dovrebbe finire alla svelta, anche male, perché - anche se in maniera incommensurabilmente inferiore - ne paghiamo anche noi le conseguenze".
Sta parlando dei contraccolpi economici delle sanzioni...
"Non solo economici. Chi le ha immaginate, America e alleati europei, voleva dimostrare innanzitutto l'unità del blocco occidentale. Tranne poi scoprire il contrario, ovvero che la Nato è un'alleanza che comprende i polacchi, molto antirussi, i turchi a metà strada, i tedeschi refrattari a rompere con Mosca e i baltici che vorrebbero sparisse dalla faccia della terra. E l'Italia con una posizione simile a quella tedesca, anche se molto meno esplicita".
A un certo punto si è cominciato a parlare di atomica come uno degli esiti possibili: com'è possibile uno sdoganamento del genere?
"Cambiamo prospettiva. Com'è possibile che le maggiori potenze producano migliaia di armi nucleari senza poi vagheggiarne l'uso? Durante la Guerra fredda esisteva la dottrina Mad, "deterrenza mutua assicurata". Americani e sovietici erano diversi su tutto tranne che sulla grammatica: si capivano e fingevano addirittura che l'una potenza valesse come l'altra per scongiurare il conflitto atomico. Ora non si capiscono più, anche perché il lavoro di analisi e spionaggio americano è tutto concentrato sulla Cina, e quindi si parla di armi atomiche tattiche di "potenza minore" che, a scanso di equivoci, sarebbero comunque venti volte Hiroshima".
Nel libro liquida l'ingenuità di Reagan di sconfiggere l'impero del male e il suicidio imperiale di Gorbaciov. Non ha dubbi che si stesse meglio nella Guerra fredda, vero? "(Caracciolo mi guarda costernato per l'ingenuità della domanda) Noi certamente sì. Ovviamente a spese degli europei che stavano sotto i sovietici. Secondo la sintesi di Kennedy per cui "much better a wall than a war". Era un mondo ordinato in cui l'Italia contava e la pace sembrava addirittura un orizzonte eterno. Oggi i confini, il limes, sono tutti in discussione".
All'inizio dell'invasione russa altro argomento tabù era parlare del coinvolgimento Nato e Usa. È così?
"Ci voleva molta fantasia per sostenere che la pur straordinariamente coraggiosa resistenza fosse alimentata solo dall'eroismo ucraino. Quando è stata resa possibile da almeno otto anni di aiuti americani, britannici e occidentali che le hanno permesso di avere l'esercito più potente d'Europa. Una confusione iniziale in cui anche i media hanno responsabilità, avendo fornito una rappresentazione astorica del conflitto, che prescinde dal contesto e racconta la guerra come la cronaca nera, con una successione di orrori presentati come fossero assurde eccezioni".
Abbiamo sfiorato davvero la Terza guerra mondiale?
"Sì, fino a quando Stati Uniti e Cina, ma anche Russia, hanno stabilito che non si poteva entrarci per il Donbass. Il momento decisivo è stato il 15 novembre, il giorno del missile russo prontamente travestito da ucraino caduto in territorio polacco. In quel frangente le potenze hanno dimostrato tutta la loro saggezza. Mentre in Italia già si diceva "prepariamoci a difendere la Polonia" Biden e Xi dichiaravano che 1) il missile non era russo 2) comunque era finito oltre confine per errore 3) era addirittura ucraino. Specificazione, quest'ultima, che serviva anche come segnale a Kiev di darsi una regolata".
SALSICCE, UOVA E PATATINE. PIÙ 5 LATTINE DI COCA: LA DIETA WARREN
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Warren Buffett è una leggenda vivente. A lungo sul podio delle persone più ricche del mondo, è tra gli investitori più famosi di sempre, senz'altro il più di successo tra i viventi. È anche quello che si è inventato il Giving Pledge, l'impegno sottoscritto anche dall'amico Bill Gates e da vari altri miliardari per dare in beneficenza la quasi totalità delle proprie fortune nell'arco di una vita. Sapevo che avesse un tenore di vita frugale rispetto alle sue sostanze. D'altronde Omaha, nel Nebraska, dove continua a vivere, è così avara di occasioni di shopping che il meglio che riuscii a comprare, in una breve visita di qualche anno fa, fu un magnete da frigo.
Però non sapevo niente della sua dieta tipo. Ne scrive il sito Insider: il nostro novantaduenne consuma una media di almeno cinque lattine di Coca Cola al giorno, di preferenza Cherry Coke, quella al gusto di ciliegia (anche Trump aveva confessato di trangugiarne quantità industriali). La colazione, ordinata da McDonald's, è spesso costituita da salsicce, uova e cheese McMuffin (sulle 500 calorie). Un pranzo tipico è l'hot dog Dairy Queen con formaggio e chili (ho verificato: per cinque dollari ve ne danno due) e poi un gelato alla fragola con nocciole frantumate sopra (650 cal.). Una cena può essere composta da parmigiana di pollo con penne (?!?) della catena Famous Calabria Pizza (che va sui 12 dollari, per 1500 calorie). Si racconta anche che non disdegni pucciare le patatine fritte nella mousse di cioccolato, sempre qualità McDonald's o catena analoga.
A Fortune, una volta, Buffett disse: «ho controllato le tavole attuariali e verificato che il tasso di mortalità minore è tra i seienni, quindi ho deciso di mangiare come un seienne». Il che mi ha convinto una volta di più che alla formidabile intelligenza dei gigacapitalisti corrisponda una quasi altrettanto importante quota di follia. Il giornalista che ha replicato la dieta buffettiana ha preso quasi due chili in cinque giorni. Il conto in banca, lo specifico per chi tende verso le correlazioni spurie, è rimasto inalterato.
Epilogo
In finale di quest’ultimo anno, per me, non è stato proprio strepitoso: confido nell’inizio del prossimo. Auguri! E sempre viva il Venerdì!