#172 Questo è un Paese per ricchi
1) Sappiamo che ci sono più miliardari che mai, ma sappiamo il perché? Ve lo spieghiamo 2) Una conversazione radiofonica sul tema 3) Buttate la tv, prendetevi un videoproiettore
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LA CARICA DEI NUOVI MILIARDARI
La banca svizzera Ubs ha aggiornato la sua lista di miliardari. L’Italia ne ha 62, contro il 56 dell’anno prima. Che ci siano tanti ultraricchi è noto, ma in che modo sono aumentati e sono diventati sempre più ricchi è più misterioso. Nel servizio di copertina del Venerdì proviamo a fare un minimo di chiarezza. L’incipit:
ROMA. Parlando di economia, l’affermazione “i ricchi sono sempre più ricchi” è l’equivalente del “non ci sono più le mezze stagioni”. È vero, ma quanto? E soprattutto: perché? Alla luce dell’aggiornata classifica Ubs dei miliardari italiani, cresciuti in un anno del 10 per cento (ovvero venti volte di più della crescita stimata del nostro Pil), abbiamo provato a rispondere a entrambe le domande.
Il principio generale, senza spoilerare troppo, è che negli ultimi quarant’anni il capitale ha ingaggiato una guerra totale con i lavoratori. Che, unici in Europa certifica l’Ocse, hanno visto rimpicciolirsi i salari reali. Pur continuando a tenere in piedi lo stato sociale versando, tra dipendenti e pensionati, oltre l’80 per cento delle tasse. Mentre per i multimilionari il Belpaese è ormai una specie di paradiso fiscale dove, a differenza dei tax haven più celebri, si mangia bene e si vive meglio.
TRAVASO PAZZESCO
Partiamo da questo titolo di giornale: Quel travaso pazzesco di ricchezza dal lavoro al capitale. L’ho preso da Lotta Comunista, intenerito dai volontari che ancora lo vendono casa per casa? No, è del Sole 24 Ore. Lo firma Riccardo Gallo, professore alla Sapienza con una lunga carriera di consulente economico per vari ministri perlopiù repubblicani, e dice una cosa piuttosto decisiva: tra il 2020 e il 2023 la quota di ricchezza che va al lavoro ha perso 12 punti, mentre quella che va agli utili è aumentata del 14 per cento. In parole povere: la torta è cresciuta ma chi ha faticato per questo risultato non se n’è accorto perché il di più se lo sono pappato tutto i manager. Anzi, tra inflazione, pane e olio che costano il doppio, bollette lievitate, la working class sta decisamente peggio di prima. Il secondo dato lo dobbiamo a Valeria Cirillo, dell’università di Bari: al 10 per cento dei dipendenti più ricchi va oggi il 40 per cento dei redditi nazionali contro il 28 che intascavano negli anni Ottanta. Detto altrimenti, la disuguaglianza delle buste paga è aumentata del 43 per cento a favore di chi già stava meglio.Se invece di guardare agli ultimi quattro o quarant’anni andiamo indietro agli antichi romani, lo scarto addirittura peggiora. Giovanni Ferrero, il mister Nutella che stabilmente guida la lista dei miliardari italiani, vale circa 700 mila volte l’odierno reddito medio mentre il leggendario triumviro Marcus Crassus, l’allora più ricco al mondo, ne valeva “solo” 526 mila, hanno calcolato Giacomo Gabbuti (Sant’Anna Pisa) e Salvatore Morelli (Roma Tre). Questo per ancorare a tre paletti oggettivi, tra i tanti a disposizione, la risposta sul “quanto” i ricchi siano diventati più ricchi. {prosegue sul Venerdì}
“RICCHI” ALLA RADIO
Sul fatto che abbiano “vinto i ricchi” ho fatto una bella chiacchierata con Roberto Festa su Radio Popolare (cliccare sopra per ascoltare).
L'ANNO DEL VIDEOPROIETTORE
L’ultima Galapagos:
Il gran miglioramento recente nella mia vita domestica è stata la sostituzione del televisore con un videoproiettore. C'è tutto un dibattito se questa mossa abbia senso o no, sui pro e i contro: qui, ad esempio. Ci avevo già provato anni fa, ma tra pareti ingombre, il fatto che ci dovessi connettere il pc portatile e varie altre complicazioni, mi ero presto arreso. Stavolta mi sono messo più d'impegno, ho tolto dei quadri dalla parete designata e collegato il minuscolo FireTv Stick al videoproiettore e tutto va alla grandissima. Il videoproiettore medesimo, il valoroso BenQ GP10, con i suoi 550 Ansi Lumen (è l'unità di misura più utile sulla luminosità: più ne avete, più l'immagine si vedrà anche in una stanza illuminata dalla luce del giorno), ha dieci anni ma, collegato via Bluetooth a un altoparlante, fa ancora il suo sporco lavoro. È così bello guardare i film a tutta parete che, per Natale, mi ero deciso di regalarmene uno più nuovo, cinesissimo, ma con 1500 ANSI Lumen. Arrivato, però, pesava il quadruplo dell'altro, faceva il rumore di un C130 e soprattutto il colore era tremendo: plasticoso, irreale, buono giusto per guardare cartoni animati. Così l'ho imballato di nuovo e, sfruttando l'inimitabile punto forte di Amazon, ho fatto un reso. Essere passato al videoproiettore mi fa così felice che la prossima volta non lascerò la strada vecchia per la nuova. Una transizione, quella dal piccolo al grandissimo schermo, che consiglio a tutti.
Epilogo
La scorsa domenica ci sono state varie manifestazione di protesta per la morte di Ramy Elgaml, speronato da un’auto della polizia che ovviamente aveva detto di non entrarci niente. A Roma e a Bologna ci sono stati anche scontri con la polizia. A un certo punto i giornali hanno cominciato a parlare, nelle cronache dal capoluogo emiliano, del fatto che la sinagoga era stata presa di mira. Ha cominciato a girare la foto di una scritta (“Free Gaza”) su un muro. Matteo Lepore, sindaco di Bologna (che peraltro, contro tutti, ha appeso sul municipio uno striscione in solidarietà con Gaza), si è scusato con la comunità ebraica. L’Ambasciata di Israele ha detto che le scuse non bastavano. Il cardinale Zuppi ha messo in guardia con il risorgere dell’antisemitismo. Gad Lerner ha subito fatto un tweet (poi rettificato l’indomani) parlando di orrendo assalto alla sinagoga. Peccato che
1) la sinagoga non è mai stata assaltata
2) la scritta si trovasse sulla via parallela all’ingresso della sinagoga medesima
3) “Free Gaza” non sia, in alcun modo, un’affermazione antisemita
4) scritte simili sono state fatte nel resto della città
5) la stessa Questura di Bologna abbia subito chiarito che la sinagoga non era stata toccata.
6) lo stesso presidente della locale comunità ebraica, intervistato da Repubblica, l’ha chiarito.
Nonostante questo, sono pronto a scommetterci, nella memoria collettiva rimarrà solo la vaga notizia che “la sinagoga è stata assaltata”. Per quel che vale, non è andata così. Non c’era quindi bisogno di scusarsi ed editorialeggiare su qualcosa che, semplicemente, non è successo.