#144 Finalmente le macchine volanti!
1) Ad Arezzo si vola come nei Pronipoti 2) Parla Suleyman, l'ennesimo "papà" dell'IA 3) C'è un pacco fermo alle Poste 4) Una mostra molto allegra, a Roma
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Prologo
La classica lamentela sul futuro che non arrivava, almeno non nelle dimensioni in cui l’avevamo sperato, riguardava proprio loro. “Ci avevano promesso le auto volanti e invece” per poi proseguire con i 140 caratteri di Twitter o altre innovazioni non all’altezza dell’aspettativa fantascientifica. Oggi, a quanto pare, sono arrivate.
EPPUR VOLA!
Dopo un lungo corteggiamento son riuscito ad essere ammesso al volo di prova, il terzo al mondo fatto davanti al publico, che i velivoli Jetson hanno compiuto nella magnifica campagna aretina. Sì, perché se non bastasse che volano per davvero, bisogna aggiungere che le fanno in Toscana. L’inizio del reportage oggi sul Venerdì:
PIEVE A PRESCIANO (Arezzo). Il primo volo della Storia durò 12 secondi. Il velivolo dei fratelli Wright riuscì a staccarsi da terra di poco più di un metro per percorrerne trenta. Centoventuno anni dopo, sullo sfondo di una campagna toscana decisamente più sfavillante e scenografica dell’originaria Kitty Hawk in Pennsylvania, una coppia di Jetson One si libra da terra e volteggia per una decina di minuti. Davanti a un estasiato e selezionato pubblico di appassionati di aviazione, autorità locali e soprattutto futuri acquirenti. Persone venute da Stati Uniti, Giappone, Suriname, Germania, e un paio dall’Italia, tra le 417 che hanno già versato una caparra di ottomila dollari sui centoventottomila totali, per vedere dal vivo come si comporta il giocattolino su cui la prima fortunata dozzina, se tutto procede come da piani, metterà le mani entro la fine dell’anno. Per farci cosa, però, dal momento che l’autonomia è ancora di venti minuti, buoni per una trentina di chilometri, e – com’è ovvio – non si può volare sui centri abitati? «Per esaudire un sogno di tutti gli esseri umani, quello di volare. Senza però le complicazioni che questa aspirazione comporta» riassume Stéphan D’haene, il belga amministratore delegato di questa startup svedese che, per una serie di giri della vita – essenzialmente c’entra una donna – si è accasato a mezz’ora da Arezzo. “Il volo, senza le scocciature” è una sintesi giornalistica che piace al manager. D’altronde, come spiegava già un celebre toscano circa settecento anni fa, “chi ha provato il volo camminerà guardando il cielo, perché là è stato e là vuole tornare”. Si chiamava Leonardo, viveva a Vinci, un’ora e mezzo di auto da qui. Che domani, con qualche versione potenziata di queste macchine volanti che prendono il nome dall’omonima fantascienza cartoon anni 60, potrebbe diventare la metà. Chissà.
Nell’attesa di rivoluzionare la mobilità per tanti, questi piccoli gioielli tecnologici fanno fare un ulteriore salto di specie al divertimento per ricchi. Prima è il biondo Ceo, D’haene, a dettagliare quanto – tra licenze, aggiornamenti, manutenzione – sia ancora impegnativo volare con un ultraleggero mentre il loro apparecchio è pronto da usare non appena preso: «Intuitivo come un iPhone», con giusto un joystick come nei videogiochi. Poi, da sotto un cappellone nero a tesa larga che gli hanno regalato in Texas in occasione del campale volo di prova dell’anno scorso, lo ribadisce uno dei due fondatori, il polacco Tomasz Patan: «Il suo scopo, oggi, è ricreativo. Come un go kart o una moto d’acqua. Stacchi le ali, lo metti su un furgoncino o un rimorchio e passi un bel fine settimana sfrecciando in cielo». Per il futuro, invece, niente è precluso. «La nostra concorrenza sugli evtol (velivoli elettrici a decollo e atterraggio verticale) viene da Archer, Joby Aviation o Lilium, tutte aziende sul segmento taxi. Mentre noi diamo ai singoli l’abilità di volare. Intanto però loro lottano per cambiare i regolamenti e, diciamo entro il 2027, dovrebbe essere pronto anche il nostro modello a due posti, da usare eventualmente con un pilota».
Il Jetson un paio di record li ha già segnati, proprio nel Paese più proverbialmente impastoiato dalla burocrazia. È l’unico evtol da diporto certificato dall’Enac, a quanto pare il primo al mondo da parte di un Ente nazionale per l’aviazione civile. E il corso di cinque giorni, 30 ore totali, che stanno mettendo a punto qui a far inizio da quest’estate sarà un’altra prima mondiale. In attesa di una disciplina specifica, e semplificata, per pilotarli serve una licenza da elicotterista. È quella che hanno dovuto conquistare il pilota spagnolo e il fondatore Patan per guidare i due silenziosi “mosconi” sull’avioporto nel mezzo del verde attiguo allo stabilimento aretino dove, al momento, riescono ad assemblarne uno alla settimana.
MR DEEPMIND “IL FUTURO DELL’IA È NELLE NOSTRE MANI”
L’intelligenza artificiale ha sin troppi padri. Ma tra i tanti presunti Mustafa Suleyman ha più diritti di altri nel rivendicare l’impegnativa qualifica. L’inizio dell’intervista sul Venerdì in edicola:
C'è del misterioso nell'attuale dibattito sull'intelligenza artificiale. Le persone che la stanno costruendo sono gli stessi che mettono in guardia dal fatto che potrebbe distruggerci. Quando Ford inventò la Modello T non andava in giro a dire che la sua auto poteva mettere sotto, come poi è successo, migliaia di pedoni. Perché questa differenza, chiediamo a Mustafa Suleyman, uno dei tre fondatori di DeepMind, la mitologica azienda rilevata da Google la cui IA stracciò il campione del mondo di Go, nonché autore di L'onda che verrà (Garzanti)?
«Credo che oggi siamo più consapevoli della complessità della tecnologia. Abbiamo visto i suoi immensi benefici ma anche i lati negativi. Ford non conosceva il riscaldamento globale. Oggi lo conosciamo. Più capiamo, più avvertiamo le nostre responsabilità».
Si potrebbe pensare che ci sia del marketing dietro agli allarmi. Perché rinforzano l'idea che solo chi la costruisce può domarla: troppo malizioso?
«Ben strano marketing sarebbe! Nel libro parlo esplicitamente del gran ruolo che governi, accademia e società civile devono giocare. Ogni persona vivente ha un interesse nel dire la sua».
Però, se stai costruendo un prodotto che presenta "rischi esistenziali" per l'umanità, non dovresti smettere di farlo?
«Quello del "rischio esistenziale" non è un argomento che io uso. L'IA ci mette di fronte a molti rischi, relativi però al cosa gli umani ne faranno. Un giorno, in un futuro lontano, potremmo forse dover cambiare idea anche su questo ma non si tratta di qualcosa alle viste oggi».
La sua posizione, positiva ma anche preoccupata, è in effetti molto più sfumata. Come risposta lei propone il "contenimento": in pratica come funzionerebbe?
«Il contenimento è un programma a più livelli per mantenere la tecnologia sotto un controllo sociale. Che parte dalla sicurezza tecnico-informatica. Prosegue con sistemi di auditing per l'IA, fatta tanto da privati che da istituzioni internazionali. Poi servono critici che lavorino a costruire l'IA e non solo che intervengano a cose fatte. E una supervisione governativa, con regolamenti nazionali e internazionali. Ma soprattutto un movimento di massa che pretenda un suo sviluppo verso il bene».
IL GIOCO DEI PACCHI, SEQUESTRATI ALLE POSTE
L’ultima Galapagos, dalla magnifica newsletter del Venerdì:
La terzultima puntata della terza stagione di Bluey, la serie di cartoni animati che appassiona bambini di tutto il mondo, si intitola "La cesta fantasma". Mi è venuta in mente a proposito della storiella di ordinaria follia di cui sono stato protagonista alcuni giorni fa e che intitolerei "Il pacco ostaggio". Aspettavo dunque un pacco da ritirare all'ufficio postale di piazza Dante. Sull'email mi arriva il messaggio che è arrivato ed è pronto per il ritiro. Vado. Aspetto quel che devo aspettare. L'addetta lo recupera. «Però non glielo posso dare perché il sistema non l'ha ancora "sbloccato"» dice, come se fosse la cosa più normale del mondo. Ma io ho eseguito pedissequamente le istruzioni del sistema. Sono venuto quando il sistema mi ha detto di venire. Ho fatto la mia fila. E ora non me lo date? «Si rende conto dell'assurdità di questa vicenda?» le chiedo. «Sì, ma deve prendersela con i sistemisti, che sbloccheranno questo pacco dal giorno lavorativo successivo al ricevimento». Ora, io sono un grande sostenitore delle Poste che hanno fatto un colossale lavoro di svecchiamento negli ultimi decenni. Ma che senso ha far arrivare i pacchi in tempo quando "il sistema" – dopo averti giurato che erano pronti – li fa ritardare di un giorno? Gentile amministratore delegato Matteo Del Fante, glielo chiedo a nome di tanti fan dei vari servizi pubblici. Altrimenti il pacco c'è, ma è "fantasma", come la cesta di Bluey.
UNA MOSTRA ALLEGRA, INSTAGRAM READY
Sempre dalla newsletter del Venerdì:
Tutto dipende dalla definizione cui si aderisce. Lev Tolstoj, per dire, nel 1897 offrì la sua: «L’arte è la capacità di suscitare quel sentimento di gioia nel rapporto che si instaura tra l’artista e gli altri che contemplano l’opera». Se questo è il metro, dunque, la mostra Ambienti 1956-2010 - Environments by Women Artists II curata da Andrea Lissoni, Marina Pugliese e Francesco Stocchi per il MAXXI di Roma (fino al 20 ottobre), è arte pienamente riuscita. Prima ti togli le scarpe. Poi entri in un grande tubo di plastica colorato e ventoso. Quindi in una saletta piena di piume d'oca (l'installazione più odiata dagli addetti alle pulizie). Volendo ti inabissi in un maxi-utero buio, e via andare. Che spettacolo vedere la mia quattrenne di riferimento sgambettare felice tra un'opera e l'altra. Poi, ovviamente, resta il sospetto che ogni esibizione di arte contemporanea di successo non possa esimersi da una dimensione instagrammabile. Come testimoniano le due cinquantenni olandesi che, scatto dopo scatto, occupano da dieci minuti una gran scatola con luci cangianti.
Buono.
Epilogo
Mentre aspettiamo di sapere se la tragica offensiva di terra su Rafah ci sarà o no il sito di Repubblica fa un bello speciale multimediale sull’uccisione da parte dell’esercito israeliano di Hind Rajab, che non aveva ancora sei anni, smentendo la versione dell’Idf. Si intitola “Hind, anatomia di un crimine di guerra”.