#143 No, non siamo in vendita
1) Così ha risposto la famiglia del marocchino Jouns El Boussettaoui, ucciso a Voghera da un assessore cum pistola, all'offerta di "giustizia riparativa" 2) magnifica Arezzo 3) l'IA consuma troppo
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290 MILA EURO ERANO TANTI SOLDI. HANNO RIFIUTATO COMUNQUE
Sul Venerdì in edicola siamo tornati su una storia che avevamo raccontato tre anni fa:
L'assessore pistolero aveva offerto 290 mila euro per chiuderla lì. Ma la famiglia di Youns El Boussettaoui, il marocchino ucciso nella notte del 20 luglio 2021 a Voghera dall'allora delegato comunale alla sicurezza, non ne ha voluto sapere. «Non c'è alcuna cifra» ci ha detto al telefono la sorella Bahija, portavoce della famiglia, «che potrebbe comprarci. Adriano Adriatici non ha mai chiesto scusa né espresso condoglianze. Noi non vogliamo soldi, ma la verità». Duecentocinquantamila euro sono invece stati accettati come risarcimento dalla vedova di Youns, che ha due figli. In cambio i suoi legali sono usciti dal processo. «L'avremmo dovuto fare anche noi, se avessimo accettato» mi spiega l'avvocato Marco Romagnoli, «ma a quel punto il pm – che ha subito inquadrato il fatto come eccesso colposo di legittima difesa invece che omicidio – non avrebbe avuto né noi, né i nostri testimoni e consulenti di parte a sfidare quest'idea molto generosa». Anche Romagnoli e Debora Piazza, che sin qui non hanno visto una lira per il loro gratuito patrocinio, c'avrebbero guadagnato dal momento che i legali di Adriatici avevano messo nel pacchetto un invogliante «le spese legali quantificatele voi». Invece niente "giustizia riparativa", introdotta tre anni fa dal ministro Cartabia, che presuppone che vittima e reo collaborino per trovare una composizione del torto. Con un rischio americaneggiante, tipo le super-cauzioni dei ricchi, che uno provi a comprarsi una via d'uscita, un bonifico alla volta. Il caso, che si discute in questi giorni, resta comunque in salita. Se Romagnoli e Piazza riuscissero a cambiare l'imputazione il processo passerebbe in corte d'assise. Col rischio che se in quella sede non riuscissero a dimostrare l'omicidio e si tornasse al puunto di partenza l'eccesso colposo potrebbe essere nel frattempo prescritto. Bahija non sembra turbata: «Capisco mia cognata, che dalla malattia di mio fratello si era allontanata. Ma noi siamo uniti. Certo che quei soldi ci avrebbero fatto comodo, come a tutti. Io sono divorziata con tre bambini e per partecipare al processo mi licenzio dal lavoro, sperando di trovarne un altro. Ma tre anni fa la nostra vita è stata fermata da un omicidio e ripartirà solo dopo che sarà fatta giustizia. Uguale per tutti, c'è scritto sui muri dei tribunali. Compreso il barbone marocchino quando incontra sulla sua strada l'amico dei poliziotti, non è così?».
LA NOTTE IN CUI SPARARONO UN UOMO CHE NON STAVA BENE DI TESTA
L’inizio del pezzo, all’indomani dei fatti (il resto qui):
Voghera. Alla fine, al di là dei tecnicismi, il succo della storia sta tutto nei cinquantatré secondi del video girato da un passante e pubblicato dall’agenzia Lapresse. C’è un uomo gravemente ferito per terra e quello che gli ha sparato, in piedi, a piede libero, indisturbato tra gli agenti, che spiega a un testimone maghrebino l’unica cosa decisiva: «L’importante è che hai visto che stava per darmi un calcio in testa…». Lo sparatore è Massimo Adriatici, assessore alla (sua) sicurezza. L’uomo che poco più di un’ora dopo, alle 23.40 del 20 luglio 2021, morirà di emorragia è Youns El Boussettaoui, italiano nato trentanove anni prima in Marocco. In città lo conoscevano tutti. I pendolari che lo vedevano dormire sulla panchina davanti alla stazione. Il barista che una mattina l’aveva beccato a toccarsi tra i tavolini. I carabinieri convocati più e più volte quando, per un verso o per l’altro, diventava molesto. E, con un ricovero coatto in psichiatria alle spalle e relativa fuga, non era uno facile da maneggiare. Andava curato. Invece l’assessore prima l’ha pedinato e poi, a chiarire chi comandava, gli ha mostrato la Beretta calibro 22 che portava sempre dietro. La preda non ha apprezzato, è volato un pugno e, dall’altra parte, è partito un colpo. A metà ottobre la procura di Pavia ha chiuso le indagini confermando per Adriatici l’eccesso colposo di legittima difesa, fattispecie immensamente più lieve dell’omicidio volontario che di solito si ipotizza in questi casi. Ma se se bracchi uno notoriamente disturbato e, di fatto, lo provochi, chi si è difeso da chi?
Se c’è una che non ha dubbi sulla risposta quella è Bahija El Boussettaoui, la sorella della vittima, che dalla Francia dove vive è venuta a fare il punto dai suoi avvocati milanesi Debora Piazza e Marco Romagnoli: «L’ha assassinato a sangue freddo, convinto che l’avrebbe fatta franca grazie all’aiuto dei suoi ex colleghi poliziotti, della politica locale e dei rapporti di amicizia con i magistrati di Pavia». Perché questa storiaccia, che ha in comune con la vicenda Cucchi la risposta corporativa di un’istituzione rispetto a un cittadino difettoso che andava protetto, racconta di un acquitrino istituzionale di provincia dove tutti erano a un grado di separazione da tutti gli altri. A partire da Adriatici che, compiuto l’upgrade sociale da poliziotto ad avvocato, viene scelto per il progetto legge&ordine della giunta leghista di Voghera. Per proseguire con la sindaca Paola Garlaschelli, sorella di Daniela (che all’assessore segnalava tirocinanti), ex presidente del tribunale di Pavia. Dove il procuratore che si era precipitato a scommettere sull’”eccesso colposo” («In casi del genere non succede mai. C’è un morto? Omicidio volontario. Poi si vede se scatta l'esimente» assicura Romagnoli), il pm Roberto Valli, dispone un’autopsia a tempo record e senza difensori. Mentre il suo collega Mario Venditti, tra gli ospiti di riguardo a un congresso della Lega, convocava via whatsapp l’assessore per discutere non si sa di che. Tutti amici di tutti, tranne di chi non conta niente.
AREZZO, PERLA DEL RINASCIMENTO
Da “Conosco un posticino…”, rubrica di viaggi del Venerdì:
"Le storie della vera croce" da sola, come si dice, valgono il viaggio. L'arcangelo che annuncia a Costantino che "in quel segno vincerà". L'imperatore che ascolta il consiglio e mette in rotta le truppe di Massenzio. E poi, visto che il talismano ha funzionato, manda sua madre in Terra santa per recuperare la vera croce di Gesù, appunto. Il tutto raccontato per immagini, sui muri della Cappella Bacci nella basilica di San Francesco, da un Piero della Francesca al suo meglio. Geometrico, terso, moderno. Dello stesso artista, nato una trentina di chilometri a nordest di Arezzo, c'è anche un'incantevole Maddalena nel Duomo. Non lontano da quella Caprese dove è nato Michelangelo. Mentre in città ha visto la luce, oltre al Petrarca, Giorgio Vasari, il primo grande storico dell'arte. È un'approssimazione ampiamente sdoganata quella per cui Arezzo non ha niente da invidiare a Firenze come epicentro del Rinascimento. Piazza Grande, che il primo fine settimana del mese ospita il mercato dell'antiquariato più antico d'Italia. L'abside di Santa Maria della Pieve. La Chiesa di San Domenico, col crocifisso dipinto da un giovane Cimabue.
Dall'arte figurativa a quella culinaria, usciti dal ciclo potete mangiare alla Buca di San Francesco, locale storico che aveva chiuso con la pandemia ma è stato rilevato da Patrizio Bertelli, l'aretino mister Prada. Varrebbe la pena anche solo per i magnifici affreschi, e invece ci sono anche gli gnudi (ravioli senza pasta) a togliere il fiato.
LA CARICA DEI CHIP A BASSO CONSUMO
L’ultima Galapagos, dalla newsletter del Venerdì:
Bella l'IA, ma consuma come una nazione. E quindi inquina di conseguenza, in un un mondo già parecchio surriscaldato. Siccome la corsa all'intelligenza artificiale non si fermerà, piuttosto il contrario, c'è da trovare contromisure. È così che si spiega il fortissimo interesse per il computing in-memory, una tecnologia – indagata da almeno un decennio – che consentirebbe di elaborare i dati direttamente dove sono archiviati invece di trasferirli tra chip e processori. Per la migliore metafora su vantaggi e funzionamento rimando all'insuperabile scelta della collega di Bloomberg BusinessWeek. Eccola: «Per comprendere una ragione chiave per cui l'intelligenza artificiale richiede così tanta energia, immagina un chip del computer che funge da filiale di una biblioteca locale e un algoritmo di AI come un ricercatore che va a consultarla. Ogni volta che l'algoritmo ha bisogno di dati, va in biblioteca, in questo caso il chip di memoria, prende in prestito i dati e li porta a un altro chip, il processore, per eseguire una funzione». Avanti e indietro, consumando le scarpe che è un'altra modo di dire "esborso energetico". L'idea, spiega l'espertissimo Philip Wong della Stanford University, è che «invece di spostare il libro dalla biblioteca a casa, vorremmo farvelo leggere direttamente in biblioteca».
Ci stanno investendo giganti dei chip come Tsmc, Intel e Samsung mentre startup dedicate hanno attirato finanziamenti da Microsoft, OpenAI e il fondo sovrano dell'Arabia Saudita. Anzi, quando a novembre un panel governativo statunitense ha scoperto che Ryad aveva investito in Rain AI, un'azienda di San Francisco specializzata in in-memory computing, ha chiesto e ottenuto che si riprendesse i soldi per le implicazioni di sicurezza nazionale di una innovazione tanto cruciale. Per non parlare dei cinesi, molto avanti sull'IA e, ovviamente, eccitatissimi.
Epilogo
La conta dei morti a Gaza non si ferma. Fosse comuni vengono scoperchiate. E, a giudicare dai movimenti dei tank, l’assalto di terra a Rafah potrebbe essere questione di ore. Un massacro annunciato. Fuori da ogni diritto internazionale. Oltre qualsiasi definizione di vendetta.