#139 Il blockbuster che non ti aspetti
1) Lo strano caso di Sound of Freedom-Il canto della libertà, amato da Trump e dalla destra religiosa 2) Un libro sulle teorie della cospirazione 3) Una celebre giornalista ci ripensa sulla tecnologia
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QUANDO LA PAURA FA SBIGLIETTARE
Ci sono pubblici per tutto. Per ogni singolo sottogenere. Ma quando un film indipendente su un traffico di bambini fa 250 milioni di dollari al botteghino diventa un caso. tanto più se, intorno, gli cresce un sottobosco di teorie della cospirazione, diventa il preferito dell’ultradestra trumpiana e le parrocchie, comprese quelle italiane, lo vedono di buon occhio. Sono quindi andato a vederlo e racconto l’esperienza sul Venerdì in edicola. Qui l’antipasto:
Biella. Davanti al Cinema Mazzini di Biella, un giovedì sera, c’è una fila anomala. Prevalentemente donne, non giovani, vestite con sobrietà. Duecento persone, sala quasi piena. Va spesso così per Il canto della libertà, versione italiana del Sound of Freedom - Il canto della libertà realizzato dai mormoni Angel Studios (tra i produttori anche della serie su Gesù The Chosen). Adorato dall’ultradestra religiosa americana e dai fanatici di Qanon le cui teorie del complotto immaginano i liberal come depravati, vampiri ai danni dell’infanzia. Fortissimamente voluto, per una proiezione speciale nel suo circolo del golf, dall’allora presidente Trump. Nonostante questo, o forse proprio per questo, con 250 milioni di dollari di incassi nel mondo (di cui 180 negli Stati Uniti) si classifica tra i film indipendenti di maggior successo di sempre. Oltreoceano, la storia vera di un poliziotto che salva bambini rapiti per essere usati come schiavi sessuali per pedofili, a un certo punto si piazza terza dopo Oppenheimer e Barbie. Il 19 febbraio, sua uscita italiana, da noi faceva giusto meno spettatori dell’assai lodato Past Lives per poi assestarsi, con 70 mila paganti, al trentesimo posto tra i titoli di quest’anno. La domanda, considerati «i cattivi caricaturali e una passione smodata per inquadrature dell’eroe che piange lacrime al contempo timorate di Dio e virili» come da recensione del Telegraph, è: perché tanto successo?
Qualche prima indicazione viene da alcune signore sedute nella fila dietro di me. «Meno male che i miei figli son già tutti grandi» dice una, sollevata. «Bisogna comunque stare attenti» aggiunge un’altra. «Nel traffico d’organi la Russia va forte» chiosa una terza, fuori tema rispetto alla trama. Il Premio recensione sintetica va a una quarta che, davanti al fotogramma per cui «Non ci sono mai stati così tanti minori schiavi. Anche più di quando la schiavitù era legale», sibila solo «mamma mia!». Che sarebbe il commento giusto se fosse un dato vero. Per l’interpretazione autentica, però, sentiamo Federica Picchi Roncali, la quarantasettenne spezzina che con la sua Dominus Production distribuisce il film e che, sfidando l’anatema morettiano, qui azzarda un doppio dibattito. Prima dell’inizio parla della piaga dei «17 mila minori scomparsi ogni anno nel nostro Paese, 13 mila immigrati e 4 mila italiani», lasciando credere – alla luce della storia che scorrerà sullo schermo – che sian perlopiù rapiti o adescati online, ma non è così. Mentre alla fine riassume la morale della pellicola in «ognuno di noi può fare la differenza». Lei ci prova «aumentando la consapevolezza su un tema di cui nessuno parla». O meglio, di cui prima nessuno parlava giacché il Tg5 l’ha invitata due volte, Famiglia cristiana l’ha lodata, La verità ne ha fatto un ritratto e, per colmo di censura, prima di uscire in sala era già stata presentato ad Atreju, la kermesse meloniana, e il 23 maggio approderà in Parlamento. {continua sul Venerdì in edicola}
UN BEL CAMPIONARIO DI MATTACCHIONI
Qualche tempo fa avevo intervistato Leonardio Bianchi sul suo libro Complotti! che con le teorie della cospirazione ci va a nozze. E che, per inciso, ha appena pubblicato Le prime gocce della tempesta, sulle inquietanti trame e connessioni dell’Internazionale nera). L’articolo uscito sul Venerdì:
La scena più bella, per quanto mi riguarda, è quella della missione vendicatrice di Edgar Maddison Welch. Armato di pistola, coltello e fucile semi-automatico questo magazziniere ventottenne si era messo in testa di schiacciare il verminaio satanico che si sarebbe nascosto nello scantinato di una pizzeria che aveva galvanizzato la fantasia dei complottisti di Pizzagate, un sottoinsieme di QAnon ossessionato dagli abusi sui bambini. Trova la porta chiusa. Spara sul lucchetto. Gli si spalanca una banale dispensa. Esce a mani alzate. Con i poliziotti ammette che le sue informazioni «non erano accurate al 100 per cento», premio eufemismo 2016. Seguono quattro anni di galera. Chissà se, con così tanto tempo per riflettere, ammetterebbe oggi di aver preso un granchio colossale oppure cincischierebbe ancora con le percentuali di errore? I teorici della cospirazione non frequentano il dubbio. O meglio, lo innalzano a mito fondativo che finisce per rovesciarsi nel suo contrario. Ogni evento, nella loro testa, deve connettersi con ogni altro. È l'interruzione della catena che li manda ai pazzi. Quindi se Anthony Wiener candidato democratico fidanzato con una collaboratrice di Hillary Clinton manda in giro foto con le sue parti intime a minorenni, ergo anche la candidata alle presidenziali deve avere un debole per le ragazzine. Basta un tale Q che ne annuncia su internet l'imminente arresto per dare il via alla saga di cui Trump diverrà ardente sostenitore, fino all'ignominia dell'assalto a Capitol Hill. Ma siccome l'horror vacui complottardo non si ferma di fronte a niente, una teoria interseca l'altra fino a dar vita alla «singolarità complottista» dove i rettiliani (saremmo prigionieri di rettili alieni, dediti alla pedofilia, che occupano il potere) incrociano i Protocolli dei savi di Sion (stavolta a governare il mondo è una teocrazia ebraica), Bill Gates, la pandemia o il 5G. Di questa moltiplicazione per impollinazione digitale di ghirlande di credulità popolare si occupa Complotti! (Minimum fax, pag. 330, e. 18) di Leonardo Bianchi, giornalista di Vice Italia convinto che «occuparsi dei margini della società sia, soprattutto negli ultimi due decenni, diventato essenziali per capirne il centro». Trump docet.
Mai momento storico è stato più propizio. Leggere del neonazista Tim Gionet che il 5 gennaio 2020 annuncia «domani entriamo nel Campidoglio» o di Trump che, l'indomani, accusa la governatrice democratica di non aver saputo gestire la situazione sembra il prequel di Giuliano Castellino di Forza Nuova e di Salvini-Meloni versus Lamorgese a proposito dell'attacco alla Cgil. Esiste un format internazionale standard?
«In qualche modo sì, adattato poi alle singole realtà. Nel caso specifico il precedente ancora più preciso è l'assalto al sindacato dei costruttori edili di Melbourne. Dove una frangia di una manifestazione si è staccata dal corpo centrale per punire il sindacato per aver "tradito" i lavoratori».
Quanto a QAnon, che in Italia non ha davvero attecchito, lei scrive dell'endorsement solitario di Salvini a Lauren Boebert candidata repubblicana (cospirazionista) al Congresso. Cosa ci guadagnava?
«Difficile dire. Probabilmente nel suo staff social c'era qualcuno che voleva scimmiottare i comportamenti di Trump. E forse era una naturale prosecuzione del filone, post fatti di Bibbiano, che puntava a presentare il Pd come il partito che chiudeva un occhio di fronte agli abusi, quello dell'hashtag #PDofili».
Stando a una statistica grossolana degli eroi delle sue pagine i cinquestelle svettano. Si è fatto un'idea del perché?
«Sin dalle posizioni anti-vaccini degli esordi del blog di Grillo il Movimento ha corteggiato e dato voce a posizioni anti-scientifiche nobilitate dall'etichetta della contro-informazione. Non a caso tra chi crede nel Grande Reset, ovvero nel piano ordito dal World Economic Forum di approfittare della pandemia per ristrutturare il capitalismo (nel resto del mondo preoccupa solo la destra perché la correzione sarebbe di tipo "comunista", la tipica tendenza Davos) si distinguono Byoblu, l'ex 5S Sara Cunial e da ultimo Carlo Freccero, considerato non antipatizzante. Ovviamente rispetto a quella prima fase le responsabilità di governo hanno impresso correzioni di rotta. Carlo Sibilia, che non credeva nell'allunaggio, ha di recente fatto retromarcia. Mentre il senatore Elio Lannutti era un propugnatore dei Protocolli».
Eppure la vulnerabilità alle teorie del complotto è transnazionale. Lei rievoca l'assedio al Reichstag del 29 agosto 2021 da parte di qualche centinaio dei 40 mila che protestavano contro il confinamento.
«Sì, tendiamo a dimenticarlo perché alla fine il cordone di polizia ha retto, ma è mancato poco. La matrice ideologica era quella del movimento Querdanken-711, ovvero il "pensiero laterale" fondato da Micheal Ballweg, ex aspirante sindaco di Stoccarda (711 è il prefisso telefonico) che mette insieme no vax ed estrema destra. Emblematica è la figura del cuoco vegano Attila Hildmann, noto per i sospetti sulla pandemia e per il negazionismo sull’Olocausto».
Un record che ci attribuisce è il ruolo di Oriana Fallaci nella divulgazione della teoria dell'Eurabia, intesa come islamizzazione del vecchio continente…
«Non è un caso che fosse ripetutamente citata al propristo nel delirante manifesto di Anders Breivik, lo stragista di Utøya. Rileggere oggi quel che scriveva allora sul Corriere è impressionante. Salvini si è abbeverato a quella retorica. Ma anche il suo governatore Fontana ("bisogna decidere se la nostra razza bianca deve continuare a esistere o essere cancellata"). E la Meloni che parlava di "disegno di sostituzione etnica in Italia". Tendiamo a dimenticare tutto ma certe parole pesano».
Da una parte cita uno psicologo che sostiene che le teorie del complotto sono immuni da qualsiasi confutazione («Se sembra un complotto, significa che era un complotto. Se non sembra un complotto, era sicuramente un complotto». Dall'altra elenca alcune regole di ingaggio per affrontare un complottista: quali sono le più importanti?
«Evitare di trattare chi ci crede come malato di mente. Più che il debunking fattuale può servire la vicinanza empatica: un amico o un parente può fare più di tanti articoli. A patto che sappia che la sfida è impari e con buone probabilità di fallimento. Alla fine le teorie della cospirazione cercano di mettere una toppa a domande senza risposta. La miglior definizione resta quella del politologo Michael Barkun che ne elenca i tre principi base: "1) nulla è come sembra; 2) nulla accade per caso; 3) tutto è connesso". Per scalfire questa triade resistentissima non basteranno mai i fatti, serve arrivare a livello delle emozioni. In profondità».
GIORNALISTI O CHEERLEADER, QUESTO È IL DILEMMA
L’ultima Galapagos:
Kara Swisher è una numero uno. Nell'insulare campionato dei giornalisti che si occupano di tecnologia corre nel gruppo di testa dei John Markoff del New york Times (quello che Nicholas Negroponte in Essere digitali usò come esempio di singolo reporter che valeva un abbonamento) o dei Walt Mossberg del Wall Street Journal, entrambi felicemente pensionati. Ha scritto e fatto troppe cose da riassumere (vedere qui), intervistato tutti i grandi di Big Tech, strapazzato tutti un po' ma con una specie di "though love" che non si capiva mai se era più "durezza" o più "amore". Sta di fatto che ha scritto un libro, Burn Book, in cui riepiloga la sua storia e quindi, inevitabilmente, anche quella della Silicon Valley. L'Atlantic, che l'ha recensito, nota che – come tanti – è cambiata: non ha più i tratti dell'evangelista che, spesso, i reporter tecnologici hanno sfortunatamente assunto. Ha litigato con Musk, di cui era amica. È diventata più critica delle tante promesse infrante del digitale. «Ma le vecchie abitudini son dure a morire» scrive a un certo punto la recensora Helen Lewis. Ricordando come, ancora nel marzo 2021, la Swisher mettesse in guardia chi facesse ironia sugli Nft, i certificati digitali dell'arte, perché «c'era un valore reale nel possedere il primo tweet che Jack Dorsey aveva postato». Tweet che, nella costernazione di molti – quorum ego – quello stesso anno era stato venduto come Nft per 2,9 milioni di dollari. Salvo essere rivenduto l'anno dopo per… 277 dollari. I sopravvissuti cheerleader nostrani dovrebbero prendere appunti.
Epilogo
A Gaza siamo quasi a 33 mila morti. I bambini nella Striscia muoiono di fame, non per modo di dire. L’America si è, per la prima volta, astenuta dal bloccare la risoluzione Onu sul cessate il fuoco. Netanyahu dice che non cambierà niente, ma non è contento. Se non dovesse bastare Washington potrebbe chiudere i rubinetti per le armi che passa a Israele. Quello sarebbe un segnale forte.