#115 Se Elon va alla guerra
È normale che un privato abbia un'influenza spropositata sul conflitto Russia-Ucraina?; un ritratto psicologico dell'uomo più ricco del mondo; i libri che ha letto per diventare così; gigacapitalisti
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DA EROE A TRADITORE DELL’UCRAINA
I generali ucraini ammettono: senza i satelliti di Musk saremmo spacciati. Al punto che quando mister Tesla ha minacciato di spegnerli il Pentagono è andato in fibrillazione e l’ha pregato di riconsiderare. Vi sembra normale? A me no, e lo vado dicendo da un anno e mezzo nelle presentazioni di Gigacapitalisti. Negli ultimi mesi anche gli americani, che tendono al candore, hanno lanciato l’allarme. Sul Venerdì in edicola ricostruisco la saga. Qui l’incipit:
C'è una scena minore, nel film che potremmo intitolare “La guerra di Elon”, che spicca per simbolismo. Con Musk, nella semioscurità della casa-rifugio texana vicina al quartier generale Tesla, che confida al telefono a un alto ufficiale del Pentagono di stare guardando sul computer portatile, attraverso i suoi satelliti Starlink, «tutta la guerra mentre succede». Una sequenza, nella ricostruzione a 8K di Ronan Farrow sul New Yorker che, come tutto il grande cinema, contiene commedia e tragedia. Da una parte la dimensione del videogioco dal vivo per il nerd diventato l’uomo più ricco del pianeta. Dall’altra la presa di coscienza del suo ruolo decisivo sulle sorti della guerra in Ucraina e, per traslato, del mondo.
Di scene gustose e cruciali spunti di riflessione, il coinvolgimento dell’imprenditore nelle ostilità russo-ucraine ne offre a pacchi. Usciti a spizzichi e bocconi sulla stampa, grazie a tre contributi particolarmente rilevanti. Che, oltre all’inchiesta del 21 agosto del figlio “pentito” di Woody Allen, comprendono un lavoro multimediale a più mani sul New York Times (28 luglio) e la monumentale biografia di Walter Isaacson uscita il 12 settembre. Prendendo da queste fonti, e mettendoci del mio (oltre un anno fa ho scritto un libro sull’inedito strapotere dei gigacapitalisti e la slide clou delle presentazioni è dedicata proprio al caso Musk-Ucraina), metteremo in ordine cronologico i più eloquenti tra questi materiali. Che, in un breve arco narrativo, testimoniano di una straordinaria evoluzione drammaturgica del protagonista: da salvatore di Kiev a presunto simpatizzante di Mosca, da quello che batte cassa col Pentagono per poi parzialmente ripensarci. Incluso il “momento Oppenheimer” in cui, terrorizzato dall’idea di accollarsi una responsabilità troppo grande nell’attacco che «potrebbe causare la Terza Guerra Mondiale», spegne (vedremo in che termini) i satelliti, accecando la controffensiva ucraina. Fino al meme sbeffeggiante – «Sono già cinque minuti che non chiedi un miliardo in aiuti» – indirizzato il 2 ottobre a Zelensky.
IL SALVATORE
Tutto, come molte delle vicende che riguardano l’uomo, ha inizio sul social precedentemente noto come Twitter, prima che lo comprasse. È il 25 febbraio 2022, l’indomani dall’inizio dell’invasione. Il 24 i russi hanno tirato giù un satellite Viasat usato per le comunicazioni militari ucraine. L’esercito di Kiev è, quanto a comunicazioni, al buio. Alle 13.06 il ministro ucraino del Digitale, Mykhailo Fedorov, affida la sua richiesta a un tweet: «@elonmusk, mentre tu provi a colonizzare Marte, la Russia cerca di occupare l’Ucraina! Mentre i tuoi razzi atterrano con successo dallo Spazio, i razzi russi attaccano la popolazione civile ucraina! Vi chiediamo di fornire all’Ucraina stazioni Starlink e di invitare i russi sani di mente a resistere». Meno di undici ore, e 166 mila like dopo, arriva la risposta di Musk: «Il servizio Starlink è ora attivo in Ucraina. E le antenne sono già in transito». Due giorni dopo lo stesso Fedorov posta l’immagine di un camion, arrivato a destinazione in tempi stupefacentemente rapidi, pieno delle prime 500 piccole parabole che serviranno loro per le operazioni sul terreno e per coordinarsi con gli alleati, americani e Nato. Le antenne, poco più grandi dello schermo di un portatile, vengono montate nei boschi, sugli edifici, sui blindati e parlano con i 4.500 satelliti, grandi come un divano, che Starlink manda in bassa orbita dal 2019, quando ancora la sua sembrava una scommessa folle. Il vantaggio però è che, essendo Musk anche il padrone di SpaceX, può fare affidamento su razzi riutilizzabili che, una volta usati come shuttle per la Nasa, tornano a terra vuoti. Perché non riempirli di satelliti?Oggi il servizio di internet veloce ha circa un milione e mezzo di abbonati nel mondo, che spendono 600 dollari per l’antenna e un canone mensile sui 75 dollari. Tariffe che, se Musk le avesse praticate, quantificherebbero sugli 80 milioni di dollari il regalo che il miliardario ha fatto all’Ucraina. Un regalo decisivo, dal momento che ha ridotto da 20 a un minuto i tempi per individuare un bersaglio e sparare. «Starlink è il sangue della nostra infrastruttura di comunicazione» dichiara il ministro Fedorov. Lo ripete Mykola, il comandante che per un periodo ne assicura l’accesso alle prime linee. «Senza Starlink non potremmo né volare né comunicare» ammette un altro gallonato. Ancora Fedorov: «Sono nell’ordine delle migliaia le vite che Starlink ha contribuito a salvare. È un componente essenziale del nostro successo». Musk è promosso, sul campo, ucraino ad honorem.
LO CHIAMAVANO IL MARZIANO
A febbraio del 2021 abbiamo dedicato una copertina del Venerdì a Musk, nel tentativo di abbozzare un profilo managerial-psichico dell’uomo più ricco del mondo. Iniziava così:
Scartabellando tra la vita e le opere di Elon Musk un termine ricorre di frequente. Lo pronuncia il fondatore di Tesla e SpaceX davanti a un’aragosta fritta in inchiostro di calamaro quando chiede serissimo al suo futuro biografo: «Secondo te sono pazzo?». Ne dibatte anche con l’ultima moglie, la musicista precedentemente nota come Grimes, oggi ribattezzata c (il simbolo della velocità della luce), che si definisce «un ibrido tra una fata, una strega e un cyborg»: «Sono più pazzo io o sei più pazza tu?». Soprattutto la domanda non è suonata peregrina quando, dopo un improvvido tweet a mercati aperti in cui aveva detto che era pronto a ricomprarsi la sua azienda a 420 dollari ad azione (un numero sinonimo di cannabis, per tutta una serie di fumosi motivi che Wikipedia dettaglia), il titolo prima era stato sospeso per eccesso di rialzo, poi l’autorità di Borsa gli aveva fatto due multe da 20 milioni di dollari l’una destituendolo temporaneamente da presidente dell’azienda e infine i suoi consiglieri d’amministrazione gli avevano tolto Twitter per tre mesi. Come a un Trump qualsiasi. Volendo gli esempi potrebbero moltiplicarsi ad infinitum, ma il senso l’avete capito.
Se questo cinquantenne che si interroga circa il suo stato di salute mentale fosse l’artista più quotato del momento, ci sarebbero molti precedenti e nessuno scandalo. Ma si tratta dell’ingegnere, come gli piace definirsi, che ha deciso di rivoluzionare i trasporti privati e trasformare l’umanità in una specie multiplanetaria, apparecchiando su Marte il piano b per la Terra in rovina. Uno, per dirla altrimenti, che deve saper far di calcolo piuttosto bene ché altrimenti auto elettriche e razzisi schiantano. E che, sebbene si siano occasionalmente schiantati entrambi, il più delle volte ci riesce. Tant’è che nel frattempo le Tesla cominciano a essere avvistate anche sulle strade italiane, i razzi partono alla volta della stazione spaziale internazionale al ritmo di una volta al mese e lui, in tutto questo, ha per un momento scalzato Jeff Bezos dal trono di persona più ricca del mondo con un patrimonio personale di oltre 200 miliardi di dollari, il Pil della Nuova Zelanda. Se non proprio scioglierlo, cercheremo almeno di diradare il mistero dell’imprenditore più «visionario» (altro ricorrente anglismo, ormai sdoganato) in circolazione.
LO SCAFFALE DI ELON
Qualche mese fa ho intervistato Fabio Chiusi sul suo L'uomo che vuole risolvere il futuro (Bollati Boringhieri) in cui l’autore prova ad andare alle radici dell’ideologia di Musk. Un estratto:
Il movente dichiarato dell'agire muskiano è salvare l'umanità. E non nella stanca formula degli startuppari da conferenze Ted («Vogliamo rendere il mondo un posto migliore») quanto nella sua dimensione letterale ed esistenziale. Da dove gli viene quest'afflato?
«Dalle letture. La fantascienza, per cominciare, Asimov su tutti e la sua Legge zero della robotica che, integrando le tre leggi precedenti, afferma che le macchine non dovranno mai nuocere all'umanità. Ma anche da Sam, spalla di Frodo nel Signore degli anelli, che vuole salvare il mondo e riafferma un altro principio muskiano, quello dell'ottimismo anche nei momenti peggiori. Saghe con sviluppi temporali molto lunghi che l'hanno preparato a prospettive di ampia gittata».Più di recente sul suo scaffale sono spuntati esponenti del cosiddetto "lungoterminismo" e del "pronatalismo": cosa c'è di sbagliato in questi approcci alla moda?
«Parliamo di un gruppo di docenti di Oxford, da Toby Ord che immagina un "precipizio" sul bordo del quale pencoliamo e che potrebbe segnare l'inizio della fine o di Nick Bostrom dell'Istituto per il futuro dell'umanità, oltre che di William MacAskill che col suo "altruismo efficace" era anche l'ispiratore del padrone di Ftx, la piattaforma di criptovalute sensazionalmente fallita anche per le ruberie del fondatore. Tutti costoro sono convinti che il vero imperativo morale sia sventare i rischi esistenziali per l'umanità. Con, in testa, non tanto la crisi climatica ma lo sviluppo incontrollato dell'intelligenza artificiale».Magari esagerano ma perché un approccio del genere sarebbe pericoloso?
«Perché parlando ai più importanti tavoli di questi temi distraggono attenzione dai reali danni collaterali reali e urgenti – come la distruzione di posti di lavoro – che l'intelligenza artificiale potrebbe avere oggi, non in un ipotetico futuro. Più che concentrarsi sulla "singolarità", la data futura in cui le macchine diventeranno più intelligenti dell'uomo, converrebbe pensare a leggi che mitighino gli effetti nocivi nel presente».
LA LEZIONE DEI GIGACAPITALISTI
Qui il libro (di cui è appena uscita la versione croata). Qui il video di una presentazione (la terza slide è quella sui satelliti di Musk).