#107 L'invasione degli ultraturisti
In questo numero: 1) D'Eramo: "Altri paesi ne han più di noi!" 2) Lo stato del turismo Post-Covid 3) I latifondisti di Airbnb 4) Ha scritto l'Ai o un umano?
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Prologo
Parola chiave: turismo.
D’ERAMO: “TURISMO? NON NE ABBIAMO ABBASTANZA”
Il Venerdì in edicola ha una copertina sul turismo. L’incipit del contributo, con un punto di vista (non mio, dell’intervistato) controcorrente:
Come tutti i fenomeni umani anche il turismo risente molto del punto di vista. Insostenibile se visto dagli abitanti dei centri storici delle città d’arte o dagli abitanti delle nuove mete dell’estate 2023. Sostenibilissimo se confrontato con le performance di Paesi anche a noi vicini. Così almeno la vede Marco D’Eramo, autore di Il selfie del mondo, poderosa inchiesta sull’«industria più importante del mondo perché innesca tutte le altre, ben oltre l’ospitalità, a cominciare da aeronautica, automobilistica e tante altre che abbiamo visto fermarsi durante la pandemia». Gli parliamo per telefono dalla Grecia, dov’è in vacanza.
Dall’invasione delle città d’arte siamo passati ad analoga sorte per laghi, mari e montagne: c’è da preoccuparsi o va bene così?
«La realtà è che, in Italia, il turismo è sottodimensionato. Prima della pandemia c’erano poco più di 100 turisti per 100 abitanti (una settantina di milioni per 60 milioni di abitanti). In Francia sono 130 ogni 100 abitanti, in Spagna 160, in Grecia 230 e in Austria 290. E non mi sembra che a Vienna qualcuno si lamenti, perché sanno che da quello dipende il loro benessere. Il problema semmai è un altro»
Quale?
«Che confondiamo il turismo con i turisti, ci piace crederci viaggiatori per guardare con disprezzo alla massa. Ma il turismo è una cosa serissima, legata all’idea di libertà. Durante il Covid il lockdown ci ha fatto sentire come si sentivano i tedeschi dell’Est impossibilitati a uscire. Così, finite le limitazioni, abbiamo ricominciato a viaggiare come e più di prima».
Quindi il boom se lo spiega come fenomeno di reazione, sebbene i ceti medi occidentali non se la passino benissimo economicamente?
«Il problema serio è che da noi il turismo non è governato. Prendiamo Roma: con i mezzi pubblici che non funzionano i turisti stanno tutti nello stesso chilometro quadrato. E i romani si incavolano per gli inevitabili bus turistici che suppliscono alla mancanza del pubblico. Però Roma di stranieri ne riceve un terzo di Londra e Parigi dove, come se non bastasse, in media restano 6 giorni contro 2. Perché da loro ci sono molte cose da fare e da noi no. Più che di overtourism qui dovremmo ragionare di monoturismo: oltre a vedere il Colosseo e poche altre bellezze, a Roma che fai?».
A FIRENZE NELL’ESTATE POST-COVID
Nella prima estate post-Covid ero andato a Firenze a valutare i danni. Il pezzo iniziava così:
FIRENZE. Il rooftop del Plaza Lucchesi è il vero belvedere di Firenze. A un tiro di schioppo Santa Croce, con i suoi morti illustri, Michelangelo, Raffaello, il cenotafio di Dante. Poco oltre il Duomo. Dall'altro lato l'Arno nella sua indolente bellezza. Mancano solo, in questa cartolina italiana, i turisti. Americani e cinesi, appiedati dal Covid, facevano il 70 per cento della clientela di questo magnifico quattro stelle. Oggi più di metà sono italiani (dal 6 per cento dell'anno scorso), poi francesi, tedeschi, l'Europa vicina. Il problema coi nostri connazionali, mi spiega il manager Giancarlo Carniani nel ristorante deserto, è che spendono molto meno e sono molto più difficili («Loro e i loro bambini di 18 anni» scherza). La piscina è troppo piccola. Il parcheggio troppo stretto. Come se, a cose normali, frequentassero cinque stelle. Mentre sono qui solo perché la pandemia ha tagliato in due il costo della camera media, portandolo a 150 euro. Vite che non sono le loro, standoci scomodi, per di più. Quest'estate post-nucleare ha dato alla testa a molti. E non è detto che l'autunno non riservi altre sorprese. La domanda è: il turismo dimezzato è una tempesta che farà grossi danni ma passerà col vaccino o il coronavirus cambierà per sempre la nostra maniera di viaggiare?
Robi Veltroni, general manager di Roccamare, un complesso di residence a Castiglione della Pescaia che a vederlo in foto vorresti prenderci la residenza, è un toscano al quadrato che cita Mark Twain: «Le statistiche sono come i lampioni: possono illuminare o servire da appoggio per gli ubriachi». La Maremma, ha spiegato al Tirreno il country manager di Airbnb Giacomo Trovato, ha visto un boom di prenotazioni («Case isolate, grandi: villeggiature come negli anni '60»). Anche il Roccamare? «Siamo completi, ma com metà stanze e il 90 per cento del personale perché portieri, giardinieri e bagnini sono gli stessi col pieno e col vuoto». Quindi, se son bravi, incasseranno il 30-40 per cento in meno rispetto all'anno scorso. Mentre il Bastiani di Grosseto, l'altro hotel che gestisce, è rimasto chiuso perché le prenotazioni non permettevano altrimenti. La guerra di numeri tra l'ente del turismo (Enit) e Federalberghi sta tutta qui. Passi il tasso di occupazione del 79 per cento ad agosto, ma se, come a Firenze, solo il 40 per cento è aperto è tutto un altro par di maniche. «Forse» si sbilancia Veltroni «il distanziamento attuale diverrà la nuova normalità. E non mi dispiacerebbe. Ma solo il 60 per cento degli italiani ha mantenuto integro lo stipendio: gli altri con quali soldi andranno in vacanza? Questa sciagura butta acqua su un dibattito incandescente ancora l'anno scorso: l'overtourism si può gestire, la miseria no». Così parlò l'albergatore-philosophe che, per affrontare al meglio l'emergenza, ha fatto leggere ai suoi collaboratori le tesi di laureandi di Hong Kong sul turismo ai tempi della Sars.
I LATIFONDISTI DI AIRBNB
Ho scritto un libro su Airbnb. Prima di allora avevo fatto alcuni reportage, tra cui questo, su un simpaticissimo latifondista toscano. Iniziava così:
Montegufoni (Firenze). L’host 95903847 entra nel suo castello a bordo di una Jeep verde militare. Il magnifico palazzo del ‘600, a mezz’ora da Firenze, nei secoli è passato di mano dai banchieri Acciaioli ai nobili inglesi Sitwell, quindi a suo padre Sergio Posarelli, imprenditore edile di Montelupo Fiorentino che durante il boom si era arricchito costruendo mezza Scandicci. E infine a lui, il cinquantaduenne Guido, occhi azzurri e capelli rossicci a spazzola, università in America e tour operator dagli anni 80, diventato oggi, stando alla lista dei dieci nemici pubblici di Federalberghi (che li individua con il numero assegnato dalla piattaforma), il primo latifondista di Airbnb in Italia. Con 507 annunci a suo nome, che corrispondono a un migliaio di case, di cui una quarantina di proprietà. Mentre le restanti le gestisce per conto di altri, avendo cura di farle fruttare il più possibile.
Fotografie professionali da mettere sul sito, descrizioni dettagliatissime, risposte rapide («Una volta eri efficiente se rispondevi entro un giorno, oggi entro un’ora») sono tutte seccature di cui non si dovranno occupare. Ci pensano lui e la sua decina di dipendenti, dietro una commissione del 25 per cento, di cui il 5 va all’azienda americana (oltre al 12 che già esige dall’ospite). La tranquillità ha un prezzo. Conoscere il mestiere pure. Così quest’uomo, per il semplice fatto di esistere, in un colpo solo distrugge due luoghi comuni sull’economia digitale. Uno antico: internet farà fuori tutti gli intermediari (qui li ha addirittura duplicati: la piattaforma e lui). Uno, più recente, per cui «Airbnb è una piattaforma da persona a persona e un’àncora di salvezza per gente che ha bisogno di un reddito supplementare» (come sostengono comunicati pubblicitari ufficiali).
Sulla retorica del turismo dal volto umano, della stanzetta da condividere con estranei che poi magari diventano amici, del mi casa es tu casa al tempo dell’algoritmo Airbnb ha costruito il suo mito fondativo. A partire dai due neolaureati brillanti e spiantati che nel 2010 comprarono tre materassini gonfiabili per trasformare il proprio salotto in un mezzo di produzione. Ventiquattro miliardi di dollari di capitalizzazione di Borsa dopo, lo storytelling non è cambiato. Così, per avvalorare la dimensione familiare, il censimento dell’azienda si concentra sugli host. Degli 83.300 che nel 2015 in Italia hanno spalancato le loro porte a estranei l’87 per cento aveva tra uno e due annunci, mentre solo il 4 per cento più di quattro. Affittacamere amatoriali, come volevasi dimostrare. Se non fosse che, a partire dagli stessi dati ma concentrandosi invece sul numero di annunci, l’associazione degli albergatori ricava un quadro diverso. «Perché i quasi 5000 host da 3-4 annunci l’uno (a complicare il confronto le fasce non sono perfettamente sovrapponibili)» spiega Maria Stella Minuti della Incipit Consulting che li ha analizzati «sono sì il 4 per cento degli host ma pesano per quasi il 20 per cento degli annunci». Variando l’unità di misura, varia il risultato, ora molto democratico (come da propaganda aziendale), ora assai diseguale (Federalberghi denuncia la concorrenza sleale di chi fa il loro mestiere con regole assai più lasche).
COME SGAMARE I TESTI ROBOTICI
L’ultima Galapagos:
Considerata la quantità di testi che l'intelligenza artificiale sta producendo diventerà presto assai rilevante discriminare la sua produzione da quella umana. La cattiva notizia è che non sarà affatto facile. AI Text Classifier, uno strumento informatico inventato dalla stessa OpenAI che ha partorito ChatGPT, "funziona soprattutto in inglese e neppure sempre" ammette un articolo di Wired che si è occupato del tema e meglio non è andata con GPTzero, Undetectable.ai né ZeroGPT. Se non ci riesce nemmeno la macchina, come potremo riuscirci noi? Un indizio per sgamare i testi Robocop è la burstiness, alla lettera "esplosività", ovvero una caratteristica nella distribuzione delle parole per cui alcuni termini compaiono frequentemente in brevi sequenze (succede spesso nelle risposte dell'Ia generativa), mentre nei testi umani risultano più uniformemente distribuite. Siccome non è chiarissimo ho chiesto a ChatGPT di farmi due esempi. Testo IA: "Il cielo è di un azzurro intenso e il sole brilla luminoso. Tutti sono felici e si godono la tranquillità di questa giornata serena. Tuttavia, all'improvviso, una nuvola nera appare all'orizzonte. In pochi minuti, il cielo sereno si copre di nubi minacciose. Il vento soffia con forza, e la pioggia inizia a cadere a catinelle. La tempesta si scatena in tutta la sua furia, con tuoni fragorosi e lampi che squarciano il cielo. Le strade si allagano e la città sembra essere inghiottita dalla tempesta". Testo umano: "Il cielo è un azzurro intenso e il sole splende radioso. I visitatori del parco si godono la tranquillità di questa giornata serena. Tuttavia, all'improvviso, un'enorme nuvola grigia appare all'orizzonte, oscurando il cielo sereno. In pochi istanti, il vento si intensifica, e le prime gocce di pioggia iniziano a scendere, seguite da un fitto diluvio". Sostiene ChatGPT che il cambiamento di tono è brusco nel primo caso, mentre nel secondo lo gestisce meglio. Sarà. L'unica è chiedere all'Ia di contrassegnare (watermark) i propri testi con un qualche codice che li renda riconoscibili. E non basterà neanche quello.