#106 Vacanze da ultraricchi
Altro che Twiga, viaggio a Forte dei Marmi dove russi e ucraini son compagni di ombrellone; Natale a Cortina; i gigayacht di Viareggio; la carica dei turisti cinesi; gli schiavi dell'Ia
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Prologo
L’altra sera a una cena ho incontrato un abbonato della newsletter. E mi ha detto che non capiva quale fosse il criterio che teneva insieme i pezzi che scelgo. Ne approfitto per ribadirlo. Il tema è quello del titolo grande, qui sopra, a partire dal pezzo che lo stesso giorno esce sul Venerdì (tutta questa roba qui, in altre parole, è un tentativo per convincervi ad andare sempre in edicola a comprare il settimanale più bello d’Italia). Seguono altri pezzi, di solito quattro ma non sempre, presi dal mio archivio di altri pezzi del Venerdì, che in qualche modo “parlano” con il pezzo principale. Mentre l’ultimo pezzetto, preso da Galapagos, non c’entra niente con il tema. Tutto chiaro?
ESTATE AL FORTE…
Mi hanno mandato al Forte, sulla suggestione del Twiga 2023 come il Papeete 2019. Ne è venuto fuori un pezzo decisamente più divertente di quello originario. In edicola e qui l’integrale. L’incipit:
Forte dei Marmi (Lucca). Questo è un posto dove ai tavoli si usano più i cellulari che le forchette. È tutto uno scattare foto al padellone di ostriche che, a giudicare dall’abbondanza, potrebbero essere vendute al chilo. E poi tra vicini di tenda, in lino d’ordinanza. Per poi postare come se non ci fosse un domani. Il Grande Crudo Alpemare, consigliato per due, viene 150 euro. Il Crudo semplice (gambero rosso, mazzancolle, scampi) con cui hanno aperto il pranzo la silfide bionda e il suo fidanzato con cappellino da baseball solo 45. Anche loro scrivono o postano e le unghie perfettamente smaltate di lei coprono la parte bassa delle custodie identiche che, nella metà alta leggibile recita “Life is better with”. Per quanto li fissi, sperando che spostino le dita, il mistero resta (così come quello della loro nazionalità ex sovietica): “La vita è migliore con”?. I soldi, mi verrebbe da dire, considerato che l’ottimo ristorante del superlativo bagno di Andrea Bocelli è tra i più cari del Forte e, di conseguenza, d’Italia. Saranno così sfacciati da mettere così per iscritto la loro condizione finanziaria? La risposta arriverà al termine di questo articolo sulle vacanze da ultra-ricchi nella località che, dopo gli Agnelli e Moratti, è diventata la casa al mare degli oligarchi, quindi dei sultani, e oggi?
Spunti da una rassegna stampa recentissima. Una villa da 3 milioni e mezzo riconducibile al capo della Wagner Prigozhin è stata individuata in via Rosselli, cinque minuti a piedi da quella di Zelensky che l’anno scorso aveva fatto notizia per esser stata (forse) affittata a russi. Inaugurazioni: nuovo caffè Principe, rilevato da Prada; negozio Brunello Cucinelli; villa Dior. Una Lamborghini Urus spiaggiata al bagno Annetta dove una delle 40 feste ammesse in spiaggia ogni stagione è andata fuori controllo. La leggendaria Capannina di Franceschi chiusa per 15 giorni per ordine del questore in seguito a risse tra giovani avventori. C’è del marcio in Versilia?
…NATALE A CORTINA
Qualche anno fa invece ero andato sulle tracce dei ricchi a Cortina per Natale. L’attacco:
CORTINA D’AMPEZZO. La buona notizia è che c’è ancora posto al Cristallo. Quella cattiva è che una doppia dal 24 al 27 dicembre costa 3500 euro. Presa bene, su Booking. Perché la suite che mi mostrano con balconcino spalancato sulle Tofane, tanto magnifiche e torreggianti che sembra di poterle toccare, va sulle due-tre volte tanto, «dipende» dice Carmelo Franco Lentini, l'impeccabile direttore dell’unico cinque stelle lusso del paese. Parlare di soldi a Cortina, che volgarità! Eppure sono proprio loro, agli occhi del finanziariamente normodotato, a raccontare l’autobiografia della Perla delle Dolomiti, come da meritato cliché delle brochure turistiche da oltre un secolo e mezzo a questa parte. Tanti denari privati, dalla bici da 30 mila dollari che un cliente americano si porta in camera perché non si fida di lasciarla nella bike room videosorvegliata dell'Hotel de la Poste, dove Hemingway scriveva Morte nel pomeriggio. Al carpaccio d'astice da 46 euro servito allo stellato Tivoli. Allo spolverino Gucci da 3400 euro in vetrina da Franz Kraler. Alcuni fondi pubblici, come i cento milioni di euro già parzialmente piovuti sulla località sciistica per essersi aggiudicata i Mondiali del 2021 e i circa 300 dal Cio per le Olimpiadi invernali del 2026 (sui 900 totali, con Milano). Una doppietta fenomenale, lungamente agognata. Che, nelle aspettative dei più, dovrebbe sortire una propulsione simile a quella delle Olimpiadi del ’56, le prime in diretta televisiva, che definitivamente collocarono la cittadina sulla mappa del turismo internazionale. D’alta quota. E d’altissimo bordo.
«Momento magico!». Lo ripetono quasi tutti, con varie intonazioni esclamative. Ovviamente Valerio Giacobbi, ad della Fondazione Cortina 2021 che con la sua squadra di 20 persone deve assicurarsi che alla prima scadenza dei mondiali fili tutto liscio. Ampezzano, è tornato dopo dieci anni in America perché era il momento di esserci («Questi eventi accelerano cambiamenti che altrimenti avrebbero richiesto tempi lunghi») e, in un posto da 5500 abitanti dove ne nascono soltanto 20 nuovi all’anno, era un’occasione rara di attrarre linfa vitale. Elenca: «Venti alberghi su 55 stanno facendo lavori importanti, due nuovi apriranno, e poi rifacciamo le strade, la piscina, l’ospedale diverrà un gioiello. Ma lavoriamo anche sulla banda larga che non si vede ma aprirà opportunità straordinarie per nuovi mestieri, con ragazzi che hanno girato il mondo e portano qui necessari talenti». Perché gli eventi si consumeranno in massimo due settimane ma la scommessa è che il calduccio delle loro fiamme riscalderà a lungo la comunità.
QUANDO I RUSSI ERA UNA COSA NUOVA
A dirla tutta al Forte c’ero già stato qualche anno fa, quando i russi erano ancora una cosa nuova:
Forte dei marmi (Lucca). L’accoglienza è una scienza esatta. «L’autista mi avverte quando sono a mezz’ora dalla destinazione e io faccio togliere la torta al cioccolato dal frigo» dice con orgoglio Cristiano Pugnana, lunghi capelli biondi, occhi azzurri e una T-shirt Just Cavalli. L’inserviente la depositerà dentro a una cassetta di legno che ospita già una selezione di vini e salumi toscani e un benvenuto in cirillico. «È un’attenzione che apprezzano molto» dice, nella saletta iper-refrigerata del Royal Forte, l’agenzia immobiliare per ultraricchi, preferibilmente ex sovietici, che gestisce con la moglie Irina. Attenzione dovuta, dal momento che l’affitto di una villa per l’estate va dai 300 mila euro in su, «utenze escluse, perché se uno fa dieci docce al giorno paga di più di uno che ne fa una sola». Questo non è un paese per forfait.
Se gli chiedi che impressione gli ha fatto lo spot di un noto albergatore per insegnare il bon ton ai moscoviti, sibila solo «insensato». Tutta la città ne parla. Tre minuti surreali in cui Salvatore Madonna, titolare dell’Hotel Byron e Ludmilla Radchenko, che l’agenzia di comunicazione Klaus Davi promuove «top model», duettano in una sorta di decalogo a uso dei nuovi ottentotti. «Quando entrate in un albergo la prima regola è salutare, sorridere e guardare negli occhi chi vi sta davanti» dice la bella ragazza bionda. Gli altri suggerimenti non richiesti sono variazioni sul tema dell’importanza di un sorriso ben assestato. Lo scopo dichiarato è «conoscerci meglio per accogliervi meglio». Ma chiunque qui ha tradotto «siete ricchi ma zotici, vi insegniamo a stare al mondo». Madonna, camicia monogrammata e un tatuaggio che sbuca dal mocassino di pelle umana, nega: «Sono due giorni che rispondo a mail di russi. Non sapevo che fossero più permalosi dei siciliani. Era solo una maniera leggera di favorire la reciproca comprensione». Nonostante quel che dice su YouTube, lui clienti russi non ne ha. Gli è capitato in passato che pretendessero la suite, offrendo di pagare il triplo, ma giura di non aver ceduto. Non ha neanche tradotto il menu del suo ristorante stellato Michelin («Non faccio distinzioni», però in inglese c’è). Si cruccia che il Forte «perda tanti turisti italiani». A occhio sembra un adepto della religione warholiana dei 15 minuti di celebrità perché è impossibile che non capisca che dire «il cappuccino non si beve se non a colazione» è trattare potenziali clienti a pesci in faccia.
SE VOLETE UNO YACHT VIAREGGIO È IL POSTO PER VOI
E due anni fa avevamo fatto una copertina sul giocattolo preferito dei gigacapitalisti: gli yacht.
Viareggio. Prendete i corrimano. Forgiati da un’officina locale, in acciaio tirato a specchio come solo nelle statue di Jeff Koons, di pianta ovale sedici centimetri per dieci. Hai l’impressione, stringendoli, che niente di male possa succederti. D’altronde se puoi spendere trecentomila euro per l’equivalente nautico del battiscopa domestico non sono troppe le cose che dovrebbero impensierirti. Difatti a bordo di questo gigayacht, che nel lessico familiare del cantiere Benetti che l’ha costruito sta a indicare quelli sopra i novanta metri, sembra che il criterio che abbia improntato le scelte dell’armatore sia quello di certi parvenus davanti a liste di vini troppo enciclopediche: «Voglio il più caro!». Di rilancio in rilancio la fattura finale è arrivata a 160 milioni di euro. A cui va aggiunto circa il 10 per cento ogni anno per manutenzione e rimessaggio, che è come se dopo aver comprato una casa da un milione continuaste a spenderne ottomila al mese di spese condominiali. Senza considerare la dotazione di arte contemporanea contenuta a bordo che, non di rado, supera il valore del contenitore. La circostanza più singolare, nota da tempo agli addetti ai lavori ma ancora largamente sconosciuta ai più, è che quasi la metà di queste navi di extra-lusso (il 44 per cento di quelle sopra i 30 metri costruite dal 2016 a oggi stando alla classifica di SuperYacht Times) vengono costruite in questa cittadina di sessantamila abitanti, equidistante da Lucca e Pisa, famosa per il suo carnevale e per un turismo balneare con uno sfolgorante passato. Nella quale, incidentalmente, è nato il vostro cronista che sin qui si era astenuto dal mettere a sistema gli aneddoti raccolti negli anni da amici e conoscenti. Fino al combinato disposto di un recente articolo del Tirreno sul «boom di richieste di superyacht» nonostante e anche a causa della pandemia e un altro sulla specializzata RobbReport dal titolo «Come questa cittadina toscana senza pretese è diventata l’epicentro del mondo dei superyacht» che hanno spazzato via le ultime resistenze. Ed eccomi in una trasferta che eccezionalmente non necessita né di albergo né di guardare le strade su Google Maps, per cercare di rispondere alla domanda: perché, potendo scegliere, tanti straricchi del pianeta vengono a farsi la barca proprio qui?
MA ANCHE I CINESI NON CI SCHERZANO
Un’altra grande speranza del turismo italico sono stati i cinesi altospendenti. Che sin qui non abbiamo saputo adeguatamente valorizzare. L’inizio del reportage di qualche anno fa:
Roma. Davanti a un Colosseo imbracato per restauro i turisti fanno la fila per lasciarsi fregare. Il conducente, con bermuda, cappellino da baseball e tatuaggi postribolari, chiede centottanta euro: «Famo Piazza Venezia, via del Corso, Palazzo Chigi e arivamo a Trinità dei Monti». La guida traduce in cinese e Sophia, che sembra appena uscita da Pitti Donna, ne offre 150 che ovviamente l’altro accetta (sdegnato, farà il viaggio al trotto rallentando, ma non fermandosi mai, per le photo-op promesse). Huan ying lai dao yi da li, benvenuti in Italia, portatori sani di valuta in tempi di vacche magre! Apprezziamo la vostra visita al punto da farvi sudare per il visto, negandovi in stanza il bollitore (da 10 euro) per l’acqua calda che vi piace tanto e proponendovi mappe e guide spesso in giapponese, quel popolo con cui notoriamente avete una secolare, splendida intesa.
Quello dell’accoglienza dei cinesi nel nostro Paese è un frattale perfetto dello stato di salute del turismo italico. Che a sua volta sembra ricalcare le nostre sorti calcistiche: talenti incalcolabili che si fanno battere da chi si applica di più, uruguaiani inclusi. Nonostante questo, nonostante tutto, i cinesi vengono sempre più numerosi. Circa 300 mila all’anno, desumendo il dato dai visti che chiedono nei nostri consolati in Cina. E spendono sempre di più. «Nel 2013 hanno fatto registrare una crescita del 20 per cento per i rimborsi dell’Iva sugli acquisti e da soli valgono poco meno di un quarto del mercato italiano del Tax Free Shopping. Secondi solo ai russi» dichiara Global Blue, azienda specializzata in servizi ai turisti. Uno scontrino medio per 4-5 giorni di visita è di poco superiore ai mille euro. Che diventano 6200 se ci si limita all’epicentro del lusso, tipo via Condotti a Roma. Di loro possiamo dire tutto, tranne che abbiano il braccino corto. Ma, apparentemente, non ci facciamo impressionare.
GLI SCHIAVI INVISIBILI DELL'IA
Questo è il pezzo che non c’entra nulla con gli altri (ma a ben vedere stavolta un po’ c’entra). L’ultima Galapagos:
Se dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna, dietro un grande business c'è spesso una gran massa di lavoratori sottopagati. L'intelligenza artificiale non sembra fare eccezione. A gennaio Time aveva dato notizia di lavoratori in Kenya, pagati 2 dollari l'ora, per rendere meno "tossiche", qualsiasi cosa ciò possa significare, le risposte di ChatGPT. Oggi Bloomberg rilancia con la denuncia di varie persone che lavorano per Bard, l'Ia di Google, attraverso società esterne tipo Accenture e Appen. A sentir loro quelle che sembrano le "magiche" risposte del chatbot di Mountain View in verità sono spesso corrette e messe a punto, in tempi strettissimi, da essere umani mal pagati e molto stressati. Alcuni di questi hanno scritto al Congresso americano per metterlo in guardia che, lavorando a quella velocità, non sarà possibile il livello di controllo che eviterebbe alle risposte di diventare potenzialmente pericolose. Perché tra le tante domande su cui sono stati interpellati ci sono anche quelle del dosaggio del Lisinopril, un popolare farmaco contro l'ipertensione. Già nel 1770 qualcosa del genere era successo con il Turco meccanico, il presunto automa che sapeva giocare a scacchi. Il genio dell'inventore ungherese che l'aveva creato era stato di nascondere al suo interno un uomo di piccole dimensioni che decideva le mosse. Non a caso Mechanical Turk è anche il nome della piattaforma di microlavori, quelli che ancora l'Ia non sa fare, svolti da umani pagati tre soldi.