#1 Milano, il vuoto verticale
Il futuro degli uffici, investire nelle canzoni, il falsario Proto
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La partita che vale la pena di giocare, da giornalista, è quella di intercettare lo spirito del tempo. Provare a intuirne i segni nelle piccole cose. Connettere i punti di notizie sparse e apparentemente irrelate. Abbozzare una cartografia del presente.
Questo spazio ne documenterà il tentativo. Oltre vent’anni anni fa traducevo per il mensile Reset la rubrica di Nicholas Negroponte, l’autore di Essere digitali e tra i primi a guadagnarsi l’impegnativo (e poi inflazionato) titolo di guru della tecnologia. In quel libro si chiedeva: perché, invece di abbonarmi a tutto il New York Times, non posso farlo solo agli articoli di John Markoff, l’allora corrispondente dalla Silicon Valley?
Io mi auguro invece che vi abboniate al Venerdì di Repubblica, piccolo paradiso in terra del giornalismo nostrano, e per invogliarvi a farlo vi offro intanto questo antipasto: la possibilità di non perdervi quello che produco io. Se vi iscriverete a questa newsletter, infatti, una volta alla settimana vi aggiornerò su quanto ho letto, visto, scritto. Compresi consigli su libri, serie tv e altre cose per cui vale la pena vivere. Come si farebbe tra amici. Ogni volta che sarà possibile lo farò rimandandovi alla fonte (il Venerdì, appunto, che mi paga lo stipendio). Oppure segnalandovi vecchie cose dal mio blog o backstage di interviste dal mio canale Youtube o quello podcast e così via.
Insomma, per i miei venticinque lettori – penso a Lisa, che me l’ha chiesto più volte, ai familiari estesi e ad altri affezionati feticisti – è un modo per stare aggiornati su quel che faccio. Se poi vi scocciate non avete che da disabbonarvi (basta un clic, lo giuro) e amici come prima. Secondo me avete solo da guadagnare.
Il titolo “Lo stato delle cose” è preso a prestito da un bellissimo libro di Richard Ford. Per tante ragioni che mi sembrano buone, ma che non è il caso qui di sviscerare.
Il pulsante “iscriviti” è quello rosso in cima alla pagina. Che dite, facciamo questa follia?
Fine del prologo.
#1
MILANO, IL VUOTO VERTICALE
Questa settimana, ad esempio, scrivo del futuro di Milano. Che ne sarà della città fondata sugli uffici se le gente continuerà, anche dopo la pandemia, a lavorare da casa? In uno dei 33 piani della Torre Unicredit il pannello di controllo che, attraverso sensori controlla quante scrivanie sono libere, diceva 97%. Alla Torre Allianz lo smart working l’hanno iniziato nel 2016 e, a quanto pare, i dipendenti sono contentissimi. Ma che ne sarà degli uffici se non ci saranno più le persone? Lo scoprirete in Milano, il vuoto verticale.
Tra le tanti voci (tranquillizzanti) che ho sentito, le cose un po’ più radicali le ha dette Lorenza Baroncelli, direttrice artistica della Triennale. Tipo:
«Magari qui non faranno come da Twitter o Google, che han detto ai loro dipendenti che lo smart working è per sempre, e resisteranno un po’ di più, d’altronde è la città dove l’innovazione arriva, ma con notevole ritardo, tipo i cento anni dei grattacieli. Però, come ogni crisi, sarebbe un’occasione per decidere da dove ripartire. Puntare sugli studenti universitari, come suggerisce Stefano Boeri, dal momento che le iscrizioni alle cinque università continuano a crescere? O sullo Human Technopole? O sull’Agenzia del farmaco? La politica deve decidere. Sala ha annunciato, se sarà rieletto, una giunta tutta di under 30. Forse è l’unico modo per aver un reale cambiamento».
LE CANZONI? OTTIMO INVESTIMENTO
Nella rubrica Galápagos invece racconto la nuova frontiera dell’investimento: le canzoni. I musicisti, che hanno visto trasformare i dollari analogici in centesimi digitali (Spotify li paga 0,0qualcosa dollari ad ascolto), sempre più spesso si vendono i cataloghi come le vecchiette la nuda proprietà. E molte società specializzate consentono ai piccoli investitori di comprarne delle quote.
PROTO, IL GRAN SEDICENTE
Avete ascoltato il podcast sul più grande falsario italiano dell’evo recente? Risponde al nome di Alessandro Proto, che prima si è finto immobiliarista dei divi, poi aggressivo finanziere con partecipazioni nelle principali aziende italiane. I due capitoli preliminari della sua strategia truffaldina. Con quella notorietà, infatti, attirava piccoli imprenditori in difficoltà, promettendo di prestargli dei soldi che, in realtà, finiva per spillargli. Sarebbe un genio, se non fosse un criminale che ha fatto danni gravi a tante persone. Ma la sua storia raccontata per bene, in quattro episodi, la trovate in Il lupo di corso Buenos Aires.
QUANDO È INIZIATA LA TV INTELLIGENTE?
Se volete leggere il libro più intelligente su quando è perché la tv ha smesso di essere stupida, “gomma da masticare per gli occhi”, dovete comprarvi Mi piace guardare (minimum fax) di Emily Nussbaum, ex critica televisiva del New Yorker.
Tra le motivazioni una delle principali riguarda il modello di business:
"Se capissi qualcosa di economia non avrei fatto questo mestiere. Però cruciale è stato il passaggio dal modello pubblicitario a quello degli abbonamenti. Finché i soldi si facevano solo con gli spot servivano programmi che garantissero un pubblico sufficientemente vasto affinché chi produceva corn flakes o auto ritenesse vantaggioso spendere una fortuna per raggiungerlo. Non si poteva osare troppo, perché servivano numeri importanti. Quando invece si è cominciato a pagare direttamente i canali con gli show si è potuto pensare di fare anche una mini-serie per una nicchia. Perché il plurale di nicchie fa comunque pubblico".
E qui un pezzo dell’intervista con alcuni consigli di visione (anche se non vuole assolutamente che si chiami top ten):
RAMY, IL MUSULMANO RILUTTANTE
E, a proposito di serie, Ramy (Hulu) è un ragazzo del New Jersey di origini egiziane che vorrebbe essere un buon musulmano ma vorrebbe anche portarsi a letto un sacco di donne, halal oppure no. E quando si fa combinare un incontro con una correligionaria pensa di essere di fronte a una suorina che invece, una volta sfuggita al controllo occhiuto del cugino, gli chiede di prenderla per il collo e stringere mentre fanno l’amore in macchina. E lui non se la sente. Serie impensabile in Italia a causa della dittatura del politicamente corretto.
Per stavolta, considerato il lungo prologo, è tutto. La prossima volta ci saranno più segnalazioni. Buon inizio settimana.